Disoccupati e ‘scoraggiati’ Cinque milioni da collocare

Disoccupati e ‘scoraggiati’ Cinque milioni da collocare

Disoccupati e ‘scoraggiati’ Cinque milioni da collocare

LA DISOCCUPAZIONE scende, ma non diminuisce la difficoltà a reperire le figure professionali richieste dalle imprese italiane. Oggi, infatti, ogni 100 disoccupati in meno si contano mediamente 24 posti vacanti in più. Un paradosso figlio di un mercato del lavoro sempre meno efficiente a causa del disallineamento tra domanda e offerta, in cui si contano quasi 5 milioni di persone disoccupate o ‘scoraggiate’. Lo rivela la nuova indagine di Randstad Research, che ha analizzato il mancato incontro tra domanda e offerta nei diversi settori e territori, identificando per la prima volta gli spostamenti della ‘curva di Beveridge’, lo strumento che permette di analizzare l’efficienza dei diversi mercati del lavoro misurando la variazione percentuale del tasso dei posti vacanti al variare della disoccupazione.

La ricerca evidenzia come nella doppia crisi vissuta dall’Italia tra il periodo 2005-2009 e 2015-2019, la ‘curva di Beveridge’ abbia mostrato un forte peggioramento, con aumento sia del tasso di disoccupazione che dei posti vacanti. Passato il periodo Covid (con il blocco dei licenziamenti), la ripresa del lavoro nel 2022 ne sconta l’eredità: mentre diminuisce il tasso di disoccupazione (che resta comunque alto), continua a crescere il numero di offerte di lavoro scoperte.

Una delle cause principali di questo fenomeno è la disoccupazione di lunga durata, che causa una de-professionalizzazione dei profili. Seppure allineata alla media Ocse nella classifica di disoccupazione tra 6 mesi e un anno (15% nel 2020), l’Italia è al primo posto per disoccupati da più di 6 mesi, quasi il 70% del totale delle persone senza lavoro, più del doppio della media (33%). Alla fine del 2021, il 49% dei disoccupati italiani non lavorava da meno di un anno, il restante 51% da più di 12 mesi. Il 20,4% dei disoccupati lo è da più di 3 anni. Ma ci sono anche profonde differenze tra i settori. Confrontando il rapporto tra posti vacanti e disoccupazione, si evidenziano in particolare due casi, quello dell’informatica, dove troviamo scarsissima disoccupazione ma grande difficoltà di reperimento, e quello della ristorazione, dove insieme a una difficoltà di reperimento si associata elevata disoccupazione.

Per risolvere il problema del disallineamento del mercato, è fondamentale che i lavoratori acquisiscano le competenze che servono alla domanda. Prima di tutto quelle abilitanti (linguistiche e di calcolo in primis), poi quelle specialistiche e trasversali. Da un esercizio di correlazione tra i tassi di disoccupazione regionali e i risultati dei test Invalsi, emerge un significativo rapporto inverso: dove la disoccupazione è più alta, i test Invalsi evidenziano i risultati peggiori.

"Le cause strutturali dei colli di bottiglia del nostro mercato del lavoro sono diverse – spiega Daniele Fano, coordinatore del Comitato scientifico di Randstad Research – Ci sono aspetti retributivi, demografici, sociali, ma soprattutto l’inadeguatezza di percorsi formativi poco orientati alle professioni richieste dal mercato e non al passo con l’innovazione tecnologica. Il rilancio delle politiche attive contro l’abbandono scolastico, il recupero dei Neet, la formazione dei disoccupati e degli inattivi sono alcune leve da cui ripartire per facilitare le transizioni occupazionali, migliorare l’occupabilità dei lavoratori e innalzare il livello delle tutele attraverso la formazione".

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