Martedì 23 Aprile 2024

Aziende a caccia di talenti Ma 3 su 4 non li trova

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C’È UNA NUOVA sfida che le aziende sono costrette ad affrontare nello scenario globale post-pandemico: il ‘Talent Shortage’. Secondo una ricerca internazionale ripresa dal World Economic Forum, infatti, 3 aziende su 4 non riescono a trovare i profili ricercati. Si tratta di un fenomeno in forte aumento negli ultimi anni (+8,7% sul 2021 e +120% rispetto al 2012) e rappresenta un freno alla crescita economica. Lo dimostra anche il recente report Upwork’s Future Workforce, secondo cui il 70% delle organizzazioni ha previsto un aumento del personale entro i prossimi sei mesi a patto che si riescano a trovare i profili specializzati.

Gli ambiti di lavoro dove è più difficile scovare i talenti sono sales & marketing, manufatturiero, front office e soprattutto Information Technology: uno studio pubblicato sulla rivista economica ‘The Fintech Times’, infatti, stima che entro il 2030 oltre 85 milioni di posti di lavoro rimarranno scoperti a causa del ’Talent Shortage’, di cui 4,3 milioni solo nel settore dell’IT, per un danno economico complessivo di 450 miliardi di dollari.

"Si tratta di un nuovo scenario a cui le aziende si devono adattare – spiega Francesca Verderio, talent acquisition manager di Zeta Service Individua – I lavoratori stanno ridefinendo il work life balance dando sempre più priorità alla loro vita privata e per questo motivo le aziende devono modificare il loro approccio alla gestione dei talenti. Offrire semplicemente uno stipendio più alto, premi e benefit è un modello datato e controproducente: occorre immaginare una diversa cultura del lavoro dove i dipendenti sono apprezzati e incoraggiati a soddisfare i propri interessi e le proprie ambizioni per ottenere un più alto livello di fidelizzazione".

Il ‘Talent Shortage’ non è l’unica sfida che stanno affrontando i professionisti delle risorse umane. Si parla anche di ‘Skill Shortage’ quando a un candidato vengono a mancare le competenze tecniche e personali adatte a ricoprire una nuova posizione lavorativa. La recente ricerca ‘The skillful corporation’, redatta dalla società di consulenza internazionale McKinsey, ha messo in evidenza come allo stato attuale il 43% delle aziende affermi di avere carenze di competenze all’interno della propria forza lavoro; percentuale che sale all’87% se dilatiamo l’arco temporale ai prossimi 5 anni. Non sorprende che per il 53% delle organizzazioni l’azione più utile da intraprendere per colmare queste lacune sia quella di reskillare i propri dipendenti, seguito dall’assunzione di nuove risorse (20%) e dalla ridistribuzione della forza lavoro con nuovi incarichi e posizioni.

McKinsey ha inoltre analizzato i percorsi professionali di circa 280mila lavoratori del settore tech: emerge come questi professionisti abbiano salari più elevati e cambino posto di lavoro più spesso rispetto agli addetti di altri settori. Circa il 90% delle professioni tech offre salari superiori alla media nel corso della vita e, se in media i lavoratori di tutte le professioni cambiano ruolo ogni 3,2 anni, i lavoratori tech si spostano quasi il 20% in più, ogni 2,7 anni.

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