Mercoledì 25 Giugno 2025
Claudia Marin
Economia

La radiografia del lavoro. Più autonomi, meno disoccupati

I dati sull’occupazione dell’Istat entrano nel dibattito referendario. I lavoratori sono 24 milioni e 200mila. Tengono ancora banco le dichiarazioni di voto. L’appello dei vescovi: “Astenersi è impotenza deliberata”

La radiografia del lavoro. Più autonomi, meno disoccupati

Roma, 3 giugno 2025 – La volata per i referendum sul lavoro e sulla cittadinanza di domenica e lunedì è entrata nella fase finale. Soprattutto il fronte del Sì è mobilitato per raggiungere il quorum in un appuntamento che ha assunto sempre più anche la caratteristica di un passaggio rilevante politicamente: se non un test sul governo, di sicuro un test sulla capacità dell’opposizione di mobilitare gli elettori. A maggior ragione dopo l’avviso di Giorgia Meloni di fatto a favore dell’astensione: “Andrò al seggio, ma non ritirerò le schede”, mentre Matteo Salvini fa sapere che sarà all’estero. Da qui la moltiplicazione degli appelli e delle polemiche dei leader di Pd, 5 Stelle e Avs. “Se la partecipazione fosse alta la premier dovrebbe “riflettere sul fatto che il suo rapporto con il Paese si è rotto - incalza segretaria Pd, Elly Schlein – Mi sembra chiaro che uniti vinciamo e la destra si debba ben preoccupare”.

La segretaria del Pd Elly Schlein e il segretario della Cgil ieri a Bari al comizio per il Sì
La segretaria del Pd Elly Schlein e il segretario della Cgil ieri a Bari al comizio per il Sì

Proclami che arrivano nel giorno in cui anche i vescovi fanno sentire la loro voce a favore della partecipazione popolare. “È nostro dovere morale, come pastori e come cittadini – ha scritto il vicepresidente della Cei, monsignor Francesco Savino, in una lettera dal titolo ‘Partecipare è custodire la democrazia‘ – esortare ciascuno a non sottrarsi all’appuntamento con la propria coscienza e con la comunità. L’astensione può diventare una forma di impotenza deliberata, un silenzio che svuota la democrazia”.

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A tenere banco, però, sono anche i numeri aggiornati dell’Istat sul mercato del lavoro: e non potrebbe essere diversamente considerata la materia del contendere dei referendum. Scende, dunque, la disoccupazione ad aprile, che torna sotto il 6%. Il tasso è in calo anche per i giovani, per i quali torna sotto il 20%, dopo la risalita del mese precedente. Gli occupati restano a quota 24 milioni e 200mila. Aumentano gli autonomi (5 milioni 182mila) e i dipendenti a termine (2 milioni 652mila), mentre diminuiscono i dipendenti permanenti (16 milioni 366mila). L’occupazione cresce rispetto ad aprile 2024 (+282mila occupati), come sintesi della crescita di dipendenti permanenti (+345mila) e autonomi (+110mila) e del calo dei dipendenti a termine (-173mila). Il quadro, dunque, si mantiene su livelli di record storici, anche se non mancano segnali contrastanti.

Si assiste all’aumento degli inattivi: coloro che restano fuori, perché pur non avendo un posto neppure lo cercano. Il governo, dunque, mette in fila i dati del lavoro anche per contrastare le tesi dei referendari sul Jobs Act. I numeri – insiste la Ministra del Lavoro, Marina Calderone – confermano “il buon lavoro del governo Meloni”.

Ma, più nello specifico, è un esperto del settore, come Emmanuele Massagli, presidente della Fondazione Tarantelli, a spiegare che “i numeri non paiono proprio confermare gli slogan di Landini sulla necessità di tornare alle vecchie regole sui licenziamenti per le grandi e piccole imprese per arrestare la campagna di licenziamenti ingiustificati che sarebbe stata avviata dal Jobs Act: statistiche alla mano, semplicemente non è così. Anzi, oggi, in una situazione di inedita crisi dell’offerta di lavoro, il problema è il contrario: le imprese non trovano i lavoratori che cercano e i più competitivi tra quelli che hanno in organico si dimettono (le cosiddette grandi dimissioni) per guadagnare di più altrove”. Non basta.

“Altrettanto “tirate“ risultano – incalza - le giustificazioni a sostegno del quesito sui contratti a termine, accusati di essere motivo della crescente precarietà dei giovani. Rispetto al periodo pre-pandemico la percentuale dei contratti a tempo determinato sul totale dei contratti di lavoro dipendente è sceso sensibilmente, di oltre tre punti percentuali: dal 17% al 13.9%, uno dei dati più bassi tra i grandi Paesi europei”.