
Disparità tra lavoratori e lavoratrici
Dazi, rischi di recessione, tensioni geopolitiche, Pil in calo. Eppure, il mercato del lavoro in Italia continua a macinare nuovi record: a maggio risultavano occupati 24,3 milioni di lavoratori, un numero mai raggiunto dall’inizio delle serie storiche dell’Istat (2004) e quasi 1,3 milioni in più rispetto al periodo precedente la pandemia (gennaio 2020). Una cifra complessiva "dentro" la quale rientrano altri indici non secondari di un trend favorevole non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente. Sono due, in particolare, gli aspetti che vale la pensa segnalare come ulteriormente positivi nel contesto di una crescita generale dell’occupazione con un tasso specifico che tocca il 63 per cento (62,9). In primo luogo, diminuiscono i contratti a tempo determinato, mentre aumentano quelli stabili: il che denota una progressiva stabilizzazione dei rapporti e un calo altrettanto progressivo della precarietà. In secondo luogo anche il contestuale incremento della disoccupazione dal 6,1 al 6,5 per cento rappresenta, in questo quadro, una "buona notizia" perché va letto in maniera correlato con la diminuzione degli inattivi, di coloro che sono talmente scoraggiati che abbandonano la ricerca di qualsiasi opportunità di impiego. La loro riattivazione e il loro ingresso nella platea dei disoccupati, invece, è un segnale di fiducia nella possibilità di trovare lavoro in un mercato che vedono dinamico. Tutto bene, dunque? Non tutto. Perché, a fronte dei numeri e delle tendenze favorevoli, restano da sciogliere molteplici nodi. Sempre stando ai numeri, non è da sottovalutare che l’aumento degli occupati, per quanto diffuso in quasi tutte le classi di età, si concentra soprattutto nella fascia degli ultra 50enni, per effetto della permanenza in attività di lavoratori che in altri tempi, con altre regole previdenziali, sarebbero in fase di uscita. Non è da meno il permanere di una distanza significativa tra uomini e donne, nel senso che queste ultime scontano percentuali di partecipazione al mercato relativamente basse. Senza contare che, per quanto non sia il focus dell’indagine Istat di oggi, è tutto da affrontare la grande emergenza del lavoro povero.