Lavorare da casa, è boom. Come funziona lo smart working

Addio al famigerato cartellino da timbrare. Il 2018 sarà l'anno dello smart working nel nostro Paese: molti lo sperimentano, da Ferrero a Siemens ai dipendenti pubblici. Ecco cosa significa

Smart working (Ansa)

Smart working (Ansa)

Roma, 19 febbraio 2018 - L’anno del lavoro smart. Le ultime sperimentazioni di questa nuova modalità di lavoro "da remoto" (da casa, ma anche dal bar, dalla panchina di un parco e perfino dalla spiaggia) sono state avviate nelle settimane scorse: alla Findus e al Demanio, per non parlare della Ferrero che dal 29 gennaio ha triplicato i dipendenti che la utilizzano, o della Siemens che la estende a tutto il personale. Ma si tratta solo di pochi esempi di un fenomeno cresciuto con un ritmo significativo dopo l’approvazione della legge sul lavoro agile a metà 2017 e che quest’anno arriverà a livelli di tutto rilievo.

Lo scorso anno, insomma, è stato quello del decollo dello smart working in Italia: secondo la più recente ricerca dell’Osservatorio dedicato della School of management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net), è aumentato del 14% rispetto al 2016 e addirittura del 60% rispetto al 2013; gli smart worker si distinguono per maggiore soddisfazione per il proprio lavoro e maggiore padronanza di competenze digitali rispetto agli altri lavoratori. Il 36% delle grandi imprese ha progetti strutturati che vanno in questa direzione, mentre per le piccole e medie imprese siamo al 7% e al 5% per le pubbliche amministrazioni. Su quest’ultimo fronte la ministra Marianna Madia, forte di una sua direttiva in materia, ha pronosticato che "entro 3 anni" si potrà arrivare al 10% dei lavoratori pubblici che lo richiede, circa 330mila persone. A indicare in che cosa consista questa soluzione è la stessa legge che la definisce come modalità di esecuzione del rapporto subordinato "stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro", e con "il possibile utilizzo di strumenti tecnologici".

Niente a che vedere con il vecchio telelavoro. Il lavoratore agile ha diritto alla stessa retribuzione del lavoratore tradizionale e alla fissazione dei periodi di riposo e di disconnessione. Dunque, niente più incolonnamenti nel traffico o stress da parcheggio e neanche più ansia da cartellino da timbrare, né panico per il ritardo nel prendere i figli a scuola. Armati di smartphone, tablet o portatile, si può fare da fuori tutto quello che si fa dalla propria scrivania.

Ma se questa formula è realtà, è altrettanto vero che, come sottolineano i ricercatori del Politecnico, "quel che si vede è solo la punta dell’iceberg: sono ancora pochi i progetti di sistema che ripensano i modelli di organizzazione del lavoro e estendono a tutti i lavoratori flessibilità, autonomia e responsabilizzazione". Eppure, i benefici economico-sociali potenziali sono enormi: l’adozione di un modello maturo di smart working – spiegano – può produrre per le imprese meno assenteismo e minori costi, con un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, che a livello di sistema Paese significa 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi. Per i lavoratori, anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti; per l’ambiente, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno.

Non è un caso, dunque, che si allunghi giorno dopo giorno l’elenco delle imprese che introducono questa formula. Il caso più eclatante è quello della Siemens: da gennaio il modello è esteso a tutti i 2mila dipendenti, per tutti i giorni. Tanto che Federico Golla, che di Siemens Italia è presidente e amministratore delegato, ha parlato di "rivoluzione culturale che ha portato a un cambio di paradigma". E sempre in questi giorni Ferrero ha triplicato i dipendenti in smart working, da 100 a 350, "alla luce dei risultati e dei riscontri positivi delle persone coinvolte". Non sono da meno le esperienze realizzate in Italia da Microsoft e Unicredit, da Barilla, Luxottica e Vodafone. Senza contare le aziende che nel 2017 hanno addirittura vinto lo Smart Working Award 2017: AXA Italia, Cnh Industrial, Costa Crociere, Generali Italia e Hilti, con una menzione speciale a Benetton. Certo, se le tecnologie digitali sono largamente diffuse nelle grandi strutture, "resta inadeguata invece la capacità di utilizzo delle tecnologie tra i lavoratori – avvisa Fiorella Crespi, direttore dell’Osservatorio –. Per questa ragione è fondamentale agire sullo sviluppo di digital skills (competenze digitali, ndr), comprese quelle di natura soft e non legate ai singoli strumenti".

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