Giovedì 18 Aprile 2024

La via della seta sì o no. Cosa succederà tra Italia e Cina. I dubbi del governo e l’attesa delle imprese

Il limbo delle imprese, in attesa di capire se il governo eserciterà il Golden Power. Come in Pirelli, che approverà il bilancio ma ha congelato le decisioni sul cda

Il governo Meloni ha un problema con la Cina. Ma non è un semplice problema politico, è un qualcosa che si riflette sugli equilibri internazionali dell’Italia, sul suo futuro commerciale e oggi sull’economia del paese. Nel 2019 il governo Conte II con Di Maio ministro degli Esteri annunciava l’accordo sulla Via della Seta. L’Italia era l’unico paese del G7 ad aderire al progetto voluto dal leader cinese Xi per costruire un canale privilegiato tra il Mediterraneo e il mar Giallo. Traffici commerciali, relazioni strette, affari (soprattutto per i cinesi).

Giorgia Meloni (Ansa)
Giorgia Meloni (Ansa)

Il nuovo panorama

Ora è tutto cambiato. Sollecitata anche dall’America che non ha mai approvato l’entusiasmo italiano per il Dragone, Meloni sta valutando se rompere l’accordo sulla Via della Seta e dare una svolta alle relazioni italo-cinesi. In campagna elettorale aveva giudicato l’adesione alla Via della Seta “un grande errore”, ma giunta al governo la sua posizione è diventata più cauta. Nell’attesa della decisione le relazioni italo-cinesi scivolano verso un limbo che sta generando parecchi intoppi, per usare un eufemismo.

Pirelli e gli altri nel limbo

L’ultimo esempio è Pirelli. Il suo socio di maggioranza è dal 2015 il colosso cinese Cnrc (gruppo ChemChina-Sinochem), che oggi controlla il 37% della società italiana. Sinochem e Pirelli avrebbero dovuto rinnovare il patto parasociale lo scorso febbraio. Pirelli ha comunicato il passaggio a Palazzo Chigi come prevede la normativa sul Golden power, e da allora attende la decisione. Sempre rinviata. Il governo vorrebbe esercitare il Golden power per mettere paletti ai poteri dei cinesi nell’azienda produttrice di pneumatici. In pratica il governo potrebbe esercitare la prerogativa dei poteri speciali utilizzabile nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. L'obiettivo è salvaguardare gli interessi nazionali. Nel caso di Sinochem non significherebbe imporre lo stop alla partecipazione cinese, ma - secondo Bloomberg - limitazioni sulle decisioni dei cinesi legate al business della società, limitazioni nella condivisione di informazioni sui dati sensibili e sulla tecnologia strategica. Potrebbero anche essere precluse informazioni sensibili agli stessi membri di indicazione cinese nel cda.

L’assemblea rimandata

Palazzo Chigi non ha ancora deciso e così Pirelli nell’attesa deve rinviare la nomina del nuovo cda e il varo del piano industriale, che a questo punto non arriverà fino al termine dell’anno. Pirelli dovrà tenere un’assemblea societaria il 29 giugno per approvare i conti del 2022 e replicare una seconda assemblea forse a fine luglio per nominare il nuovo cda. Nell’attesa che il governo decida se e come esercitare il Golden power, resterà in carica l’attuale cda. “Sapremo il risultato della procedura non prima di fine maggio inizio giugno”, ha detto agli analisti Marco Tronchetti Provera, vice presidente esecutivo e ceo di Pirelli. “L’unica cosa che sappiamo è che ci sarà un ritardo – ha aggiunto Tronchetti - Ci sono una serie di quesiti sollevati da altri Paesi, è una cosa normale in questo tipo di processi”. Pirelli non è l’unica società sotto la lente per un eventuale Golden power. Nelle prossime settimane la procedura potrebbe interessare Cdp Reti, la società di Cassa depositi e prestiti che investe tra l’altro nella partecipazione in big dell’energia come Snam, Italgas e Terna. Il 35% di Cdp Reti è controllato da State Grid Corporation of China (tramite State Grid Europe Limited), un colosso statale cinese.

Le relazioni commerciali tra Cina e Italia

Le due partite si intrecciano come si diceva con il memorandum siglato nel 2019 per la Via della Seta che andrebbe rinnovato entro la fine dell’anno. Se Roma non prenderà una decisione sarà rinnovato automaticamente a partire dal marzo del 2024. Il 9 maggio scorso però Bloomberg ha rivelato che Meloni avrebbe garantito a Kevin McCarthym, speaker della Camera Usa, che l’Italia è intenzionata a uscire dalla Via della Seta. Il giorno dopo a Praga, la premier ha mostrato cautela: “È un decisione delicata”.

Il dossier sarà riaperto a Hiroshima dal 19 maggio, al prossimo G7. In ballo ci sono molteplici rapporti commerciali e interessi di imprese italiane con la Cina. Anche se i benefici previsti nel 2019 con l’adesione alla Via della Seta non si sono visti. Sarà stato il Covid, ma se nel 2019 l’export italiano verso la Cina valeva 13 miliardi di euro, nel 2020 era sceso a 12,8 per risalire a 16,4 nel 2022. Nel frattempo da Pechino abbiamo importato merce per un valore doppio: l’import valeva 31,7 miliardi del 2019 è salito a 57,5 miliardi nel 2022 . Se per l’Italia la Cina è il secondo fornitore mondiale di beni, l’Italia è il 22esimo partner per la Cina. La relazione speciale, per capirci, conviene più ai cinesi che agli italiani, senza parlare dei rischi legati allo spionaggio industriale. Nelle ultime settimane la Cina mostra sempre più nervosismo sul dossier Italia e sull’incertezza delle relazioni. “La Via della Seta è stata una cooperazione fruttuosa”, ha sottolineato Wang Wenbin, portavoce del ministro degli Esteri cinese durante un briefing con la stampa. Un modo diplomatico di ricordare che cosa rischiamo. Il braccio di ferro non è che all’inizio.

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