La vera spinta? Accelerare sulle riforme

Bruno

Villois

Prima la lusinghiera previsione dell’Istat di una crescita del Pil nel 20212022 di quasi l’11%, poi l’agenzia internazionale Fitch che promuove l’Italia. Due conferme che siamo sulla strada giusta per scrollarci di dosso 20 anni di ritardi economico-finanziari e iniziare, grazie agli oltre 235 miliardi del Pnrr, una nuova era che ci riporti ai livelli degli anni ’60 e ’80. Il primo fattore che può avvicinare l’obiettivo è quello delle riforme. All’Italia servono le riforme del fisco, della giustizia, civile e amministrativa, delle relazioni sindacali, del costo del lavoro e della previdenza. L’autorevolezza di Draghi ha consentito finora di fare passi avanti in tutti i capitoli, ma siamo ancora agli albori e soprattutto per i tributi, nazionali e locali, c’è molto da fare e in fretta. La decisione di ridurre a quattro le aliquote è interessante, ma ancora lontana dai bisogni reali che impongono una minor pressione fiscale, per ottenere in cambio maggiori consumi, ma anche minor incidenza del costo del lavoro. Così come i tempi della giustizia e l’incidenza dell’opprimente burocrazia hanno allontanato investimenti finanziari e insediamenti produttivi in Italia. La divergenza di vedute tra le rappresentanze dei lavoratori e quelle datoriali sono un sintomo delle difficoltà a fare squadra per superare le incapacità della politica a realizzare un piano industriale e commerciale degno di un paese di questo nome. Meglio ricordare che la spesa pubblica ha superato i mille miliardi di euro e che il debito pubblico supera i 2.550 miliardi, cifre che impongono una crescita del Pil di almeno il 2,5% anno per almeno un decennio.