La sfida dei pagamenti digitali. Banche e aziende fintech. alleati per affrontarla insieme.

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Achille Perego

MILANO

PARTNER più che concorrenti. Per affrontare insieme la sfida tecnologica e i sempre più nuovi e numerosi servizi collegati ai pagamenti elettronici da offrire ai clienti, dalle famiglie alle imprese. Il 63,3% delle banche operanti in Italia del campione Abi Lab, il laboratorio tecnologico dell’Abi – spiega Gianfranco Torriero, vice direttore generale dell’Associazione bancaria italiana – lavora in una logica di partnership strategica con aziende fintech per la realizzazione di nuovi servizi, circa un terzo per iniziative legate a Ricerca e sviluppo e quasi il 27% per quelle di Open innovation. Ma crescono anche l’attenzione verso lo sviluppo di joint-venture e gli investimenti sul capitale proprio delle aziende fintech con quasi un quarto delle banche coinvolte.

Qual è la logica che sta dietro a questa scelta strategica del sistema bancario di stringere alleanze con chi sviluppa software e nuove App?

La consapevolezza che le grandi sfide del futuro sul fronte dell’innovazione, compresa l’evoluzione dei pagamenti digitali, si realizzano non solo passando dai centri di competenza interni delle banche ma anche dall’interazione con soggetti esterni quali fintech, nuclei di ricerca, clienti e fornitori. Uno sviluppo realizzato quindi non in contrapposizione con le fintech ma con una integrazione di sforzi, lavorando a stretto contatto con chi opera in prima fila sull’innovazione tenendo conto dei diritti, a partire dal rispetto della privacy, e degli aspetti collegati alla sicurezza.

Il sistema bancario italiano quindi non è impreparato alla rivoluzione digitale?

E’ la tecnologia stessa che contribuisce a far evolvere il modo di fare banca. D’altra parte la promozione dell’innovazione tecnologica è uno dei principali obiettivi a livello europeo. A metà settembre di quest’anno ci attende un altro passaggio importante per quanto riguarda i pagamenti digitali con la possibilità di apertura a terze parti, prevista dalla direttiva PSD2, dei dispositivi e delle informazioni bancarie, naturalmente con modalità che salvaguardino sicurezza e privacy.

Quanto pesa oggi nell’attività bancaria la parte di servizi digitali?

Nel 2008 i clienti entravano in filiale 1,7 volte in media al mese. Dieci anni dopo siamo scesi a 1,3 volte. Esclusi gli addebiti e gli accrediti automatici, a fine 2016 due terzi delle operazioni dispositive erano effettuate in modalità remota, a distanza, con l’utilizzo di pc, tablet, smartphone. E credo che oggi questa percentuale sia ancora maggiore tenendo conto dell’ampliamento dei servizi digitali, a partire dal nuovo bonifico istantaneo, dei minori costi per chi utilizza i pagamenti elettronici e della possibilità di avere un controllo e una rendicontazione immediata e tracciabile delle spese. Negli ultimi dieci anni, del resto, abbiamo assistito, al di là delle disposizioni di pagamento, a un incremento significativo dell’uso dei canali a distanza: Atm, Internet e mobile banking, contact center. Tanto che oggi solo il 5% della clientela utilizza in maniera esclusiva i canali fisici.

Si può dire che la tecnologia ha spinto gli italiani a usare meno i contanti?

Rappresenta un incentivo, anche se rimane il gap nell’utilizzo di tecnologie digitali tra l’Italia e altri Paesi europei, penso per esempio a quelli scandinavi. Ovviamente l’uso dei servizi digitali è molto più significativo tra i giovani e tra coloro che noi definiamo bancarizzati evoluti. Resta una componente che rimane più lontana dall’evoluzione tecnologica e quindi anche dei pagamenti più evoluti. Per questo è importante fare cultura e informazione, come avviene per esempio con il Salone dei pagamenti, in programma in autunno a Milano, che raccoglie ogni anno sempre più presenze e riscontri.

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