Venerdì 19 Aprile 2024

La ricetta di Landini: "Meloni ci ascolti. Bisogna fermare la pandemia dei salari"

Il segretario Cgil: alzare al 5% la decontribuzione sui redditi bassi "Anche per Confindustria questa manovra non affronta le emergenze. Parliamo con tutti i partiti. Ma la politica ha perso il senso del lavoro"

Maurizio Landini, segretario Cgil

Maurizio Landini, segretario Cgil

"Osservo innanzitutto che mentre c’è da affrontare una vera emergenza salariale, la maggioranza di governo in Parlamento vota contro il salario minimo proponendo, al contrario, i contratti di prossimità che rispondono a una logica pericolosa e regressiva", esordisce netto il leader della Cgil, Maurizio Landini, alla vigilia del summit a Palazzo Chigi con il governo.

Quali richieste di cambiamento della manovra solleciterete a Giorgia Meloni nell’incontro delle prossime ore?

"Di fronte alla pandemia salariale, noi proponiamo di portare dall’attuale 2%, già ottenuto con il governo Draghi, al 5% la decontribuzione sui redditi fino a 35.000 euro e di detassare gli aumenti previsti con i contratti nazionali, assegnando loro, attraverso la via legislativa, un valore generale e sancendo così un salario minimo e diritti e tutele per tutte le forme di lavoro. Ma riteniamo, ugualmente, sia necessario introdurre un meccanismo automatico di indicizzazione delle detrazioni all’inflazione (il drenaggio fiscale)".

Su quali altri nodi insisterete?

"Anziché superare, come noi proponiamo, la precarietà, si reintroducono i voucher, che considerano il lavoro merce, senza diritti e senza tutele. Mentre cresce la povertà, la legge di Bilancio annuncia il superamento del reddito di cittadinanza. Noi, invece, proponiamo di migliorarlo, non di cancellarlo. Si innalza il contante e si premiano gli evasori anziché tassare gli extra-profitti. Noi chiediamo di investire sulla sanità e sull’istruzione mentre la manovra prevede nuovi tagli. Dopo dieci anni di non rivalutazione delle pensioni, si prevedono tagli e non si cambia la legge Fornero come noi chiediamo da tempo".

La premier ha vinto le elezioni anche sulla base delle proposte finite in parte nella legge di Bilancio. Perché dovrebbe tornare indietro?

"Mi è chiaro che c’è una maggioranza che ha vinto le recenti elezioni e che legittimamente intende governare per i prossimi cinque anni. Ciò non toglie che le scelte e gli indirizzi fin qui assunti sono molto preoccupanti e vanno in una direzione opposta rispetto ai bisogni reali delle persone, delineando un arretramento del Paese. Per questo la manovra economica va profondamente cambiata".

Si registra un’inedita convergenza tra la Cgil e la Confindustria. Quale è il significato?

"Confindustria riconosce che questa legge di Bilancio non affronta le grandi emergenze aperte nel Paese, a partire da quella salariale. Noi, però, riteniamo che sia giunto il momento di destinare la riduzione del cuneo fiscale tutta al lavoro dipendente e che gli incentivi pubblici alle imprese siano condizionati, destinati e vincolati a chi crea lavoro stabile e di qualità, innova e investe".

Quale lo sviluppo concreto di possibili convergenze?

"In un momento così difficile, nessuno può pensare di farcela da solo. Per questo penso che ci possano essere terreni di incontro. Il Paese, ad esempio, ha urgente bisogno di nuove politiche industriali e di sviluppo, di scelte energetiche chiare fondate sulle fonti rinnovabili, di una battaglia comune con le imprese contro gli appalti al massimo ribasso, per la legalità, la sicurezza sul lavoro, l’applicazione dei contratti, fino alla legge sulla rappresentanza".

Sul fronte politico, invece, sembra che vi siano consonanze significative con Conte.

"La Cgil, in questi ultimi giorni, ha incontrato i gruppi parlamentari di Partito democratico, Sinistra Italiana, Verdi, Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia, Lega e Articolo1. La prossima settimana si terranno gli ultimi confronti con Italia Viva e +Europa. Ci siamo rivolti a tutte le forze politiche in Parlamento con l’obiettivo di evidenziare le nostre preoccupazioni sull’emergenza sociale in corso, cui la manovra di bilancio non dà alcuna risposta, e non certo quello di stringere rapporti preferenziali con questa o quella forza politica. Si tratta di occasioni importanti per verificare possibili convergenze sui temi da noi posti".

E con il Pd?

"Ripeto: il confronto è con tutte le forze politiche ed è finalizzato a cambiare una legge di bilancio sbagliata. Avvertiamo, però, che c’è un problema di fondo che riguarda tutta la politica. In questi anni c’è stata una rottura tra la rappresentanza politica e il mondo del lavoro. La politica tutta ha smarrito il senso e il valore del lavoro, i diversi governi, di centro-destra e di centro-sinistra hanno assunto provvedimenti che hanno precarizzato il lavoro: la vera questione aperta è come la politica possa tornare a restituire centralità al lavoro".

Come può farlo?

"Chiediamo a tutto il Parlamento che ci si occupi di un nuovo Statuto delle lavoratrici e dei lavoratori che sancisca diritti per tutti a prescindere dal rapporto di lavoro e che si faccia una legge sulla rappresentanza e sul valore generale dei contratti. Sono temi che riguardano tutta la politica, non solo la sinistra".

Come sarà la traversata nel deserto con questo governo, oltre la manovra di oggi?

"Intanto noi, insieme alla Uil, abbiamo promosso dal 12 al 16 dicembre una serie di iniziative sindacali in tutte le Regioni, anche con il ricorso allo sciopero. Sono giornate di mobilitazione per cambiare una legge di bilancio sbagliata. In questa manovra, però, non solo ci sono interventi che esauriranno i loro effetti nel 2023 o addirittura nei primi mesi dell’anno nuovo, ma c’è un’idea di riforma molto regressiva. Proprio per questo sappiamo che l’iniziativa del sindacato non potrà esaurirsi con l’iter di discussioni di questa legge di bilancio. Le nostre stesse proposte hanno un impianto e un respiro che va oltre proprio perché siamo convinti che ci sia in gioco il futuro del Paese".

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