Venerdì 19 Aprile 2024

La grande distribuzione: più utili a tutta la filiera

Agroalimentare protagonista, l’appello della Gdo

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Dai regali ai pranzi e ai cenoni, l’agroalimentare è la voce di spesa più importante (oltre 4 miliardi, 2,5 dei quali sono per le tavole di Natale e Capodanno) del budget che gli italiani destinano a Capodanno. Ma la filiera agroalimentare è protagonista tutto l’anno: con 538 miliardi di fatturato (pari al Pil della Norvegia e della Danimarca), 3,6 milioni di occupati in 2,1 milioni di imprese, 41,3 miliardi di export e un valore aggiunto (119 miliardi) superiore di oltre quattro volte quello della filiera dell’auto, è anche, secondo uno studio di The European House Ambrosetti, il primo settore economico del Paese.

Ma quali sono i reali rapporti all’interno della filiera? Più volte Coldiretti ha denunciato la forbice dei prezzi tra quelli riconosciuti agli agricoltori e allevatori e quelli sugli scaffali. Ma nella filiera anche supermercati e ipermercati (la Gdo) non sembrano arrichirsi, contrariamente a quel che si pensa. Il rapporto Ambrosetti su «La creazione di valore lungo la filiera agroalimentare estesa in Italia», presentato da Federdistribuzione, ANCC Coop, ANCD Conad e in collaborazione con ADM-Associazione distribuzione moderna, analizza la ripartizione degli utili lungo la filiera ed evidenzia come la quota della distribuzione sia poco più di un quarto di quella dell’industria di trasformazione e quella dell’agricoltura sia poco meno della metà.

Ogni 100 euro di consumi alimentari, infatti, il 32,8% remunera i fornitori di logistica, packaging e utenze, il 31,6% il personale della filiera, il 19,9% le casse dello Stato, l’8,3% i fornitori di macchinari e immobili, l’1,2% le banche, l’1,1% le importazioni nette e solo il 5,1% gli operatori di tutta la filiera. I 5,1 euro di utile per ogni 100 euro di consumi alimentari vengono poi ripartiti tra l’industria di trasformazione alimentare – che ottiene la quota maggiore, pari al 43,1% - e quindi per il 19,6% l’intermediazione (grossisti e intermediari) mentre il 17,7% va all’agricoltura, l’11,8% alla distribuzione e il 7,8% alla ristorazione. Il dato relativo alla distribuzione smentisce così le fake news sui supermercati che farebbero la «cresta» sui prezzi, tanto più se si considera che il trend degli ultimi sei anni ha visto la quota di utile di filiera della distribuzione ridursi del 9,9%, al contrario di quella dell’industria che è cresciuta del 4,9%. Il rapporto, infine, sottolinea anche che, all’interno dell’industria di trasformazione alimentare, la ripartizione dell’utile è altamente concentrata: le aziende leader con una quota di mercato superiore al 40% nei propri mercati di riferimento (57 aziende su 56.757) catturano il 31,1% dell’utile totale e il 13,4% dell’utile dell’intera filiera.

Per questo, avvertono insieme Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, Marco Pedroni presidente di Coop Italia; Francesco Pugliese, ad di Conad e Giorgio Santambrogio, presidente di ADM, emerge un «quadro di squilibrio che dura da anni e che si è accentuato nel tempo». Con le multinazionali dell’alimentare che «lasciano alle altre componenti della filiera la ripartizione di un utile sempre minore. La quota di utile ottenuta dalla distribuzione è infatti poco più di un quarto di quella dell’industria ed è in diminuzione, come lo è anche quella dell’agricoltura. Il fatto che solo l’1 per mille delle imprese industriali assorba un utile di filiera così elevato pone un serio problema di equilibrio: questi pochi gruppi si pongono di fronte alle altre componenti di filiera, a monte e a valle, in una posizione di grande forza, capace di superare ogni confronto e di imporre le proprie condizioni in tutte le forme di negoziazione e trattativa». Per questo le quattro associazioni della Gdo lanciano un appello alle istituzioni e al mondo politico perché «favoriscano una dinamica positiva di tutta la filiera e creino le condizioni per ridare slancio ai consumi e agli investimenti delle imprese».

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