Giovedì 25 Aprile 2024

La Cina punisce Jack Ma: stop al suo ateneo

Il regime comunista ferma le immatricolazioni dell’università fondata da mister Alibaba. "No a modelli alternativi di classe dirigente"

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di Elena Comelli

Capitalismo sì, ma non esageriamo: il governo cinese boicotta gli imprenditori che non si adeguano. Mentre da un lato il Dragone assedia l’Italia e l’Inter rischia di diventare uno dei cavalli di Troia usati da Pechino per esercitare il suo soft-power e comprarsi aziende in difficoltà, all’interno Xi Jinping pianta paletti sempre più stringenti attorno alle imprese troppo spregiudicate, come Alibaba di Jack Ma, il Jeff Bezos cinese.

Dopo un intervento critico dell’imprenditore lo scorso autunno, Pechino ha impedito la quotazione in Borsa di Ant Group, il braccio finanziario di Alibaba, pronto con oltre 37 miliardi di dollari a segnare il più grande debutto in Borsa quotandosi in contemporanea ad Hong Kong e Shanghai. Da allora, Ma è praticamente sparito dalla scena pubblica e ha subito una serie di colpi pesanti, sganciati per ridimensionare il suo impero. L’ultimo è arrivato in questi giorni, con il blocco all’università d’élite da lui fondata, che non può più accogliere matricole. La Hupan University è stata lanciata sei anni fa da Ma con lo scopo di formare una nuova classe di imprenditori e si dice che sia difficile entrarvi quanto ad Harvard. Ora Xi Jinping teme che Jack Ma voglia fare dell’ateneo un’élite di potere alternativa allo stesso partito comunista e ha bloccato l’inizio dei corsi per i nuovi studenti. Alla Hupan University ci si iscrive a novembre e i corsi iniziano ad aprile. Tra gli alumni più famosi dell’ateneo sono annoverati Jean Liu, fondatore del servizio Didi, simile a Uber, e Shen Peng, fondatore delle assicurazioni Waterdrop. Bloccando l’accesso alle matricole, Xi Jinping vuole soffocare una nuova generazione di imprenditori, molto più liberi di quelli cresciuti all’ombra del partito comunista.

Un altro esempio di un’imprenditoria che cerca, senza molto successo, di liberarsi dalle pastoie del partito è Jindong Zhang, il 57enne fondatore del gruppo Suning, che ha dovuto cedere recentemente il 23% della sua azienda al governo cinese, entrato così indirettamente nell’azionariato dell’Inter. Da quando è arrivato al vertice del partito e dello Stato, nel 2012, Xi Jinping ha accentrato nelle sue mani poteri che nessun presidente aveva avuto dai tempi di Mao Zedong, ha riaffermato il potere assoluto del partito comunista su ogni ambito della vita nazionale, ha azzerato la democrazia a Hong Kong, ha condotto la "normalizzazione etnica" tra gli uiguri dello Xinjiang, ha sviluppato una politica internazionale sempre più decisa.

L’attacco a Ma rientra nella svolta di Xi. Quel che più conta, però, è che i vertici di Pechino mandano un segnale a tutti gli imprenditori, secondo la pratica "colpirne uno per educarne cento": c’è una linea rossa da non superare. Qui si nasconde un rischio. Jack Ma e con lui gli imprenditori cinesi non sono nuvole che possono essere spazzate via, sono molto importanti per la Cina: il fondatore di Alibaba è stato fondamentale nella realizzazione degli strumenti di sorveglianza in uso dal regime e il suo gruppo è all’avanguardia nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Nel cercare di renderlo inoffensivo, il governo di Pechino rischia di subirne i contraccolpi.

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