Venerdì 19 Aprile 2024

"La burocrazia blocca le fonti rinnovabili Così si perde l’occasione della rinascita verde"

Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. .

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di Elena Comelli

L’Italia 10 anni fa era il mercato più ambito del mondo per gli imprenditori nelle fonti rinnovabili. Oggi è superata da quasi tutti gli altri Paesi europei. Agostino Re Rebaudengo (nella foto tonda), appena eletto presidente di Elettricità Futura, la principale associazione del mondo elettrico italiano, è molto preoccupato.

Perché?

"Il settore delle fonti rinnovabili, che in Europa è molto dinamico, da noi è quasi bloccato. Riusciamo a realizzare pochissimi impianti".

Che cosa vi blocca?

"Una burocrazia sempre più paralizzante. Facciamo l’esempio degli impianti da oltre 30 megawatt, seguiti da una commissione interministeriale che dovrebbe rendere più veloci i processi autorizzativi. Questa commissione invece di facilitare i processi li complica, come risulta evidente da due casi emblematici, in Lazio e in Puglia, dove sono stati appena bloccati due progetti: uno è stato bocciato perché sul territorio c’erano già degli altri impianti e quindi c’è troppo affollamento; l’altro perché su quel territorio non ci sono altri impianti e quindi sarebbe un peccato realizzarne uno nuovo. Sembra una barzelletta".

E sul potenziamento degli impianti vecchi?

"Stesso discorso. Potenziare un impianto eolico significa sfruttare la stessa quantità di territorio aumentando la potenza delle singole pale, quindi l’impatto ambientale diminuisce, perché si riesce a produrre molta più energia sempre con la stessa porzione di territorio interessato. Un ragionamento analogo vale per gli impianti fotovoltaici, dove la sostituzione dei moduli vecchi con sistemi più recenti può aumentare moltissimo il rendimento. Per farlo, però, si applicano regole analoghe a quelle applicate per realizzare un impianto nuovo, con processi autorizzativi lunghissimi, che non hanno senso per il potenziamento di un impianto che esiste già".

In pratica, tutte le scuse sono buone per non fare niente. Quindi, che soluzioni ci sono?

"Bisogna togliere queste barriere. Con una task force dedicata, che mettesse attorno a un tavolo i ministeri interessati e i rappresentanti del settore, se ci fosse la sincera intenzione di collaborare in dieci giorni avremmo risolto. Nessuno di noi vuole piantare pale dappertutto e imbruttire il paesaggio italiano. Abbiamo tutti interesse a una ripresa del turismo e dell’economia. Ma qui si tratta di cogliere la straordinaria occasione del Green New Deal europeo, puntando su una transizione energetica verde, che potrebbe portare al nostro Paese oltre 100 miliardi d’investimenti e 400mila posti di lavoro qualificati nei prossimi 10 anni, oltre a tanta energia pulita".

Sarebbero utili incentivi per una rinascita verde?

"Non ci servono incentivi, ma una pubblica amministrazione efficiente, capace di applicare regole più semplici, analoghe a quelle seguite negli altri Paesi europei. Se tra il 2013 e il 2018 l’efficienza della pubblica amministrazione italiana si fosse allineata a quella media di Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, il nostro Pil nel 2018 sarebbe stato pari a 1.761 miliardi di euro, contro i 1.614 miliardi effettivi, in base ai calcoli di uno studio Ambrosetti. In particolare in questa fase, è importante far riprendere gli investimenti e spingere la produttività, non solo l’assistenzialismo, che costa e non produce reddito. Secondo molti analisti il rapporto debitoPil dell’Italia arriverà al 150% a fine 2020. Ricordiamoci che al 160% la Grecia è saltata".

Non ha fiducia nel decreto semplificazioni?

"E’ una buona idea, ma andava fatto bene. Così non serve. Questo stallo totale è drammatico. Per far ripartire il Paese ci vorrebbe un governo molto dinamico, che ogni venerdì venisse a raccontarci che cosa ha fatto durante la settimana per far ripartire il Paese: misure chiare, progetti che decollano davvero e non solo sulla carta. Abbiamo un piano energetico molto ambizioso, che da qui al 2030, quindi dopodomani, vorrebbe portare il Paese a produrre il 55% dell’energia elettrica con le fonti rinnovabili. Per arrivarci dovremmo decuplicare le installazioni annuali. Invece siamo quasi fermi: in base ai nostri calcoli, di questo passo ci metteremo 70 anni per centrare il target del piano. Se tra qui e Natale il settore non riprenderà a crescere, avremo perso il treno del Green New Deal europeo".

Le fonti rinnovabili come potrebbero contribuire alla crescita?

"Nel settore delle rinnovabili la semplificazione porterebbe vantaggi per oltre 13 miliardi, facendo partire investimenti oggi bloccati, che incrementerebbero il Pil e ridurrebbero le emissioni. In base alle stime realizzate dal centro di ricerca Althesys, le ricadute economiche derivanti dal rilancio immediato del solo settore fotovoltaico sarebbero pari a 11 miliardi, mentre il rinnovamento del parco eolico varrebbe 2,1 miliardi".

Quali altri vantaggi ci sono?

"L’indipendenza energetica dell’Italia, ad esempio. Oggi il Paese importa il 70% dell’energia: se questa energia ce la facessimo in casa, con impianti che sfruttano le risorse già presenti sul nostro territorio, come il sole e il vento, andremmo a finanziare aziende italiane e manodopera italiana per produrre energia pulita".

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