Un nuovo rialzo dei tassi di un quarto di punto dal 4,25 di fine luglio al 4,50% o una pausa di riflessione di fronte alla frenata dell’economia europea? È la domanda che si pongono mercati e governi a due settimane dalla riunione del 14 settembre nella quale il board della Bce guidato da Christine Lagarde sarà chiamato a prendere una decisione non facile. Gli ultimi dati macro sull’Eurozona – calo di attività e della fiducia di consumatori e imprese e inflazione stabile al 5,3% ad agosto – hanno aumentato tra gli analisti la propensione per un temporaneo stop al caro-denaro. Ne è convinto Tomasz Wieladek, Chief european economist T. Rowe Price secondo il quale soprattutto la discesa dei Pmi dei servizi e la riduzione il mese scorso dell’inflazione core dal 5,5 al 5,3% ha portato al 60% le probabilità che la Bce si prenda una pausa. Un giudizio in parte basato sulle parole pronunciate ieri dall’economista tedesca Isabel Schnabel, membro del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, secondo la quale dopo un anno di significativa stretta monetaria l’outlook dell’area euro rimane altamente incerto.
In questo contesto la Bce valuterà attentamente i rischi sia al ribasso che al rialzo dei tassi e adesso non si può prevedere quale sarà il tasso massimo e fino a quando far durare la stretta monetaria. Resta quindi in Germania e in altri Paesi "falchi" come l’Austria – con la propensione a un nuovo aumento dei tassi espressa ieri dal governatore delle Banca centrale di Vienna Robert Holzmann – la convinzione che sia fondamentale mantenere una politica monetaria sufficientemente restrittiva per riportare l’inflazione al 2%. Un target che secondo le minute della riunione di fine luglio la Bce avrebbe spostato dall’ultimo trimestre del 2024 al 2025.
Achille Perego