Mercoledì 24 Aprile 2024

La banca sostenibile nel futuro di Mps: "Serve un nuovo modello di business"

Marco Morelli

Marco Morelli

SIENA

«CC’È SEMPRE una S nel destino del Monte dei Paschi: per 540 anni è stata l’iniziale di Siena, da 3 anni si è trasformata in quella di Stato, e, secondo l’ad della Banca Marco Morelli, nel 2022 starà per Sostenibile. «Come vedo il Monte dei Paschi nel 2022? Come una banca sostenibile in tutte le possibili accezioni della parola. Sostenibile da un punto di vista economico-finanziario, da un punto di vista delle opportunità di lavoro per tante migliaia di dipendenti e per i milioni di clienti che serve. E sostenibile da un punto di vista di un nuovo modello di banca; un modo diverso, speriamo anche migliore, rispetto a ciò che abbiamo fatto fino a oggi».

Il Monte è la banca più interessata alle conseguenze del voto?

«Noi dobbiamo andare avanti per la nostra strada. Banche come il Monte sono di territorio, assistono famiglie, artigiani, commercianti, piccole e medie imprese italiane che non hanno dimensione internazionale. Sono molto allineate all’andamento dei dati macro del Paese. Nel momento in cui il quadro di riferimento si deteriora è inevitabile che il business di una banca tradizionale come la nostra ne risenta direttamente. Tante proiezioni e obiettivi approvati nei piani industriali delle istituzioni finanziarie italiane non sono più di attualità. L’importante per il Monte è ritrovare un equilibrio di risultati».

Gli utili in calo del primo trimestre sono un campanello?

«Come ho già detto più volte, non guardo mai a uno o due trimestri, guardo a un percorso che durerà anni. La banca ha perso dal 2013 alla metà del 2017, circa 50 miliardi di crediti e quasi 40 miliardi di raccolta complessiva. Nel 2018 abbiamo avviato il recupero con margini positivi».

Dopo gli accantonamenti prudenziali nel primo trimestre per il calo del Pil, ne prevede altri?

«Sono valutazioni che si fanno in funzione del quadro macro. L’aumento dello spread, per esempio, ha impatti su qualunque azienda bancaria che ha titoli di Stato in portafoglio. Ma prevedere cosa succederà non è semplice. Per ora è una situazione gestibile».

E se continuassero le tensioni nel governo?

«Non trovo corretto esprimere opinioni sul governo. Chi guida il Paese ha un compito difficile e sa cosa è necessario fare. Il nostro è un Paese che ha attraversato tante crisi politiche negli ultimi 25 anni. Ma ha un tessuto industriale, una capacità di innovazione e di ingaggiare talenti che non hanno eguali al mondo. Oltre a un’abilità innata nel trovare la via d’uscita da ogni momento di difficoltà»

A che punto è il piano di ristrutturazione del Monte dei Paschi?

«Nel 2017 abbiamo chiuso l’accordo con i nostri interlocutori in Europa, nel 2018 la banca si è rimessa in cammino e ha riaffermato la sua presenza sul territorio. Nel 2019 dovremo consolidare questo ritorno, nonostante le condizioni più avverse. Siamo andati oltre gli obiettivi di piano nella riduzione degli Npl e nel rendere più efficiente le strutture di costo, con una rete più snella. In altri casi, margini commerciali e redditività, andiamo più lenti. Anche perché abbiamo un costo del funding più alto dei concorrenti e tanti paletti che limitano la nostra capacità di manovra. Oltre a un monitoraggio costante di Bce e Unione Europea».

Ha letto il report dell’Economist sul futuro nero delle banche?

«Da mesi in consiglio ripeto che la priorità è trovare un modello di business sostenibile per i prossimi 5 anni. Quando andavo a scuola, per telefonare dovevo comprare i gettoni, trovare una cabina e sperare che bastassero magari per una interurbana. In quegli anni le filiali delle banche aprivano alle 8,30 e chiudevano alle 16,30, proprio come oggi. Dovevi magari fare la fila al banco, per comprare prodotti e servizi molto simili a quelli disponibili. I modelli di business di telefonia, industria, mobilità, sono stati stravolti. Quello del credito è rimasto praticamente uguale, con lo stesso modus operandi, senza discontinuità evidenti».

Cosa non più sostenibile...

«Ci sono ancora milioni di clienti che vogliono avere un rapporto personale con la banca. L’età media della clientela è attorno ai 50 anni, la fascia di età tra 15 e 30 anni non guarda la tv e non va più in banca. Bisogna investire tanti soldi in processi di innovazione per ridisegnare modelli di servizio, dopo il consolidamento e le operazioni di aggregazione degli ultimi anni. Si dovrebbe chiudere per qualche mese, rivedere tutte le piattaforme, i processi, i modelli di servizio e ripartire da zero. Ciò non è possibile. L’unica strada è gestire il vecchio e andare verso il nuovo».

Servono cure radicali?

«In teoria sì. Ma disegnare una cura radicale non può andare a scapito di servire milioni di clienti e cercare di valorizzare, nella maniera più socialmente intelligente migliaia di dipendenti che lavorano in banca. Per il Monte significa una grande complessità nel portare avanti in parallelo un piano di rilancio stabile e un piano di ristrutturazione molto invasivo. Non facile».

Il futuro prossimo di Banca Mps è stato già disegnato?

«Al management e al consiglio tocca il compito di analizzare tutti i possibili scenari, e di sottopore all’azionista di maggioranza, il Tesoro, le opzioni possibili».

Avete presentato le vostre idee?

«Il Mef sa cosa pensa il management del Monte. Una strada è quella del consolidamento tra banche di simili dimensioni. Ci sono poi altre soluzioni che possono vedere l’azionista pubblico uscire in modo più graduale. Entro la fine del 2019 il governo dovrà indicare all’Europa la via d’uscita dal capitale».

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