Martedì 16 Aprile 2024

L’incertezza è palpabile Il 43% teme il licenziamento

Indagine semestrale Randstad Workmonitor sul mondo del lavoro

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L’emergenza sanitaria ha minato le certezze degli italiani sul lavoro e oggi ben il 43% dei lavoratori teme di perdere il posto o non si sente sicuro del proprio impiego (era il 36% un anno fa). Si tratta della percentuale più alta tra i principali paesi europei come Regno Unito (39%), Spagna (39%), Francia (31%) e Germania (30%). Nell’incertezza, cresce l’attaccamento all’impiego in essere: il 72% degli italiani si dice soddisfatto del proprio lavoro, +3% rispetto a dodici mesi fa, mentre scende la percentuale di insoddisfatti (dal 10% al 6%) e solo il 9% sta cercando attivamente una nuova posizione (contro il 12% di fine 2019). Cala di dieci punti (dal 58% al 48%) l’ambizione di avviare un’attività: Italia al penultimo posto davanti solo ai francesi (38%) e dopo inglesi (54%), spagnoli (51%), e tedeschi (50%).

È quanto emerge del Randstad Workmonitor, l’indagine semestrale sul mondo del lavoro del primo operatore mondiale nei servizi Hr, che ha analizzato la capacità di adattamento dei lavoratori all’emergenza Covid-19 e la loro percezione del mercato del lavoro post pandemia. La ricerca è stata condotta a fine 2020 in 34 Paesi del mondo su un campione di oltre 800 lavoratori di età compresa fra 18 e 67 anni per ogni nazione.

L’aumento delle preoccupazioni emerge anche in prospettiva. Pur di conservare il lavoro, se fosse necessario, una parte non trascurabile degli italiani sarebbe disposta ad accettare qualche compromesso, come una riassegnazione di ruolo all’interno dell’azienda (29%), la cassa integrazione o una riduzione dell’orario di lavoro (21%), oppure un aumento dell’orario con lo stesso stipendio (17%), la perdita di benefit (15%), un contratto a termine (10%) o un taglio dello stipendio (8%).

E tra gli obiettivi per il lavoro post pandemia, prima di tutto, i lavoratori mettono la protezione dello stipendio, indicata dal 54%, seguita dal rafforzamento delle politiche per la salute e dei protocolli di sicurezza sanitaria (41%) e dalla comunicazione trasparente (39%), poi la partecipazione a corsi di formazione, la disponibilità di un’assicurazione sanitaria, maggiore sicurezza. L’ambiente di lavoro ideale per tre italiani su quattro deve essere ‘flessibile’, con la possibilità di lavorare sia da casa sia in ufficio (indicata dal 48% dei lavoratori) oppure con autonomia e flessibilità di scelta di luogo o orario di lavoro (26%), mentre solo l’11% vorrebbe lavorare sempre nella propria abitazione e il 15% sempre in ufficio.

"L’emergenza sanitaria – afferma Marco Ceresa, ad di Randstad Italia – ha aumentato la sensazione di insicurezza dei lavoratori: è comprensibile che in un momento di incertezza cresca l’attenzione alla tutela del posto e della retribuzione, ma la ricerca evidenzia anche la richiesta degli italiani di formazione e di flessibilità, certamente alimentata dall’esperienza dello smart working. Un segnale del fatto che i lavoratori stanno affrontando i cambiamenti imposti dalla crisi con la giusta mentalità e capacità di adattamento. Le imprese devono impegnarsi per accogliere queste richieste e mettere i propri dipendenti nelle condizioni di esprimere tutto il potenziale".

Emergono, però, sensibili differenze per genere e per età. Per gli uomini, oltre alla protezione dello stipendio, sono importanti soprattutto la comunicazione trasparente e i corsi di formazione, mentre per le donne sono prioritarie le politiche per la salute, l’assistenza anche psicologica, la collaborazione nel team e le risorse come i gruppi genitoriali per dipendenti. Per i più giovani è fondamentale la formazione, mentre i senior si concentrano sulle politiche per la salute e guardano alle sicurezze lavorative con molto più interesse.

L’indice di mobilità lavorativa negli ultimi sei mesi è pari al 23%, lo stesso livello di dodici mesi fa, senza differenze rilevanti per genere e area di residenza e con punte del 42% fra i 18-24enni. Nei prossimi sei mesi il 29% del campione prevede di fare lo stesso lavoro presso un’altra società, un altro 29% cambierà lavoro all’interno della stessa azienda e il 22% svolgerà un’altra mansione in un’altra impresa.

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