L’impresa globale e le ricette per ripartire "Un’occasione unica per un Paese leader"

Intervista a Emma Marcegaglia, l’imprenditrice che guiderà il B20

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di Paolo Giacomin

(Mantova)

Emma Marcegaglia, imprenditrice alla guida del gruppo di famiglia, ruoli di primo piano in Confindustria, guiderà i lavori del B20, il Business summit del G20 a guida italiana.

Perché è importante per il nostro Paese?

"È un appuntamento fondamentale perché gli imprenditori, il mondo del business che rappresenta oltre il 90 per cento del Pil globale, stanno affrontando una crisi come non abbiamo mai visto e potrà indicare le proprie proposte per uscirne. Per l’Italia è un palcoscenico di prim’ordine anche per raccontare le nostre eccellenze e le nostre capacità, le stesse che abbiamo mosttato nell’affrontare, per primi dopo la Cina, la pandemia del Coronavirus".

Siamo di fronte alla seconda grande crisi economica in dieci anni. Quali sono le ffierenze tra quella del 2008 e la crisi di oggi?

"Sono differenze abissali. Non c’è mai stata una crisi che ha e avrà un impatto così forte sull’economia mondiale. Nel 2008 c’è stata una recessione grave causata da una crisi finanziaria, altre volte abbiamo visto nella storia crisi come quella".

Stavolta è diverso?

"Quella in atto è qualcosa che non abbiamo mai visto, riguarda tutti i Paesi del mondo e ha una struttura differente dalle precedenti. Quella del 2008 aveva causato una crisi della domanda, legata fondamentalmente alla liquidità, oggi abbiamo contemporaneamente una crisi della domanda, ma anche dell’offerta, della produzione. Domina l’incertezza".

Le previsioni di rimbalzi più o meno rapidi sono, dunque, un azzardo statistico?

"No, possono non esserlo. Voglio dire che imparando giorno dopo giorno a conoscere questa crisi, sanitaria, sociale ed economica, non possiamo escludere che le cose possano migliorare. Se faremo tutte le cose per bene, potremmo avere anche una ripresa più solida. Lo abbiamo visto, prima della seconda ondata anche in Italia".

Il Pil nel terzo trimestre è andato meglio del previsto, ma la seconda ondata ha travolto i risultati.

"Chiuderemo l’anno con un numero terribile, meno 9-10 per cento. Ma la reazione del terzo trimestre ha sottolineato un fattore importantissimo: la capacità dell’industria italiana di ripartire, la sua resilienza straordinaria".

Ci sono due fatti nuovi in questo 2020: gli Usa hanno imboccato una strada nuova rispetto a Trump, eleggendo Joe Biden. L’Europa ha quasi messo da parte veti e paure e ha riscoperto la necessità di andare avanti uniti. La Cina resta la Cina. È un competitor o un avversario?

"Prendo in prestito le parole di Cecilia Maelstrom, ex commissario europeo e donna intelligentissima: la Cina è un rivale di sistema. Un concorrente fortissimo che vuole e deve fare la propria parte negli equilibri geopolitici mondiali. Non si può non parlare con la Cina, anche perché nessuno avrebbe la forza per escluderla. Poi c’è un dato che riguarda noi, democrazie liberali occidentali, e Paesi a fortissima crescita ma con forme di governo autoritarie. Tocca a noi chiedere che certi metodi cessino di esistere".

Ne avranno la forza?

"Assieme possiamo averla e l’Europa, in questo processo, è fondamentale, assieme all’elezione di Joe Biden alla presidenza Usa. Presidente che ha già rilanciato il multilateralismo, ma anche la sostenibilità, chiudendo l’era Trump".

La crisi del 2008 accelerò la crisi della globalizzazione aprendo una stagione di dazi e sovranismi che ora sembra superata. Quella attuale che stagione aprirà?

"Difficile dirlo, la strada non può che essere quella dell’apertura dei mercati e del libero commercio ma credo dovrà essere una globalizzazione diversa da quella che abbiamo conosciuto e che ha portato un trasferimento di ricchezza a Paesi fino ad allora meno sviluppati impoverendo, allo stesso tempo, la classe media dei paesi occidentali".

Fenomeni come il reshoring, il rientro delle produzioni dalle delocalizzazioni va in questa direzione?

"Le catene internazionali del valore si sono già accorciate e non si allungheranno di nuovo. Abbiamo riscoperto che produrre vicino ai mercati, alle comunità, è un valore importante".

I distretti industriali hanno ancora un senso?

"Sì, possono averlo, ma il legame territoriale, la prossimità, ha un peso specifico diverso dal passato. Non si azzera, ma si integra a reti digitali di competenza che non sono solo territoriali".

Il dibattito pubblico è animato da una sorta di euforia per i fondi del Recovery Fund o, meglio, del Next Generation Ue. Euforia irrazionale?

"Siamo di fronte a un’occasione straordinaria".

Ma...

"Ma il Paese deve avere una visione di insieme ed essere in grado di fare progetti, realizzare le opere e collaudarle in tempi certi. Altrimenti ci giochiamo i fondi".

L’esecuzione, la messa a terra, non è esattamente la nostra specialità.

"No, affatto".

Si è fatta strada l’idea che si possa non pagare i debiti. China pericolosa.

"China pericolosa".

Cosa dovrebbe fare il governo?

"Premesso che ritengo che il governo abbia agito bene durante la prima fase della pandemia e non peggio degli altri durante la seconda ondata, per attuare il Next Generation Ue credo debba affidarsi alle grandi capacità, agilità e resilienza, mostrata in questi mesi dalle imprese italiane. Noi ci siamo e il B20 servirà anche a questo"

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