Sabato 19 Aprile 2025
BRUNO MIRANTE
Economia

Dazi, inflazione e recessione negli Usa: il quadro fosco di JP Morgan e Goldman Sachs

I colossi finanziari prendono posizione contro la nuova politica commerciale. Da BlackRock a Bill Ackman: i timori per gli effetti delle nuove tariffe di Trump

Dazi, inflazione e recessione negli Usa: il quadro fosco di JP Morgan e Goldman Sachs

Washington, 7 aprile 2025 – “Gli Stati Uniti hanno la possibilità di fare qualcosa che avrebbe dovuto essere fatto decenni fa. Non siate deboli! Non siate stupidi! Non andate nel panico! Siate forti, coraggiosi e pazienti e la grandezza sarà il risultato!". E' quanto scrive Donald Trump su Truth in risposta alle stime su una probabile recessione che colpirà l'economia americana nel breve periodo, diffuse dai colossi della finanza. 

Jamie Dimon, Ceo JP Morgan  (Epa via Ansa)
Jamie Dimon, Ceo JP Morgan (Epa via Ansa)

Gli economisti di Goldman Sachs hanno alzato al 45% le ipotesi di una recessione Usa (già portate al 35% la scorsa settimana, per effetto dei dazi), abbassando dall'1% allo 0,5% le stime di crescita anno su anno del pil nel quarto trimestre del 2025. L'aumento delle probabilità di recessione segue "un acuto inasprimento delle condizioni finanziarie, il boicottaggio dei consumatori stranieri e un prolungato picco dell'incertezza politica che probabilmente deprimerà la spesa di capitale più di quanto precedentemente previsto". La stima, in particolare, si basa su un rialzo medio delle tariffe del 15%, rialzo che richiederebbe "una grande riduzione dei dazi che entreranno in vigore il 9 aprile". Se l'impatto dovesse essere maggiore Goldman Sachs sarebbe costretta a "cambiare" nuovamente le sue stime.

Per il ceo di JPMorgan, Jamie Dimon, i dazi di Trump faranno salire i costi sia delle merci prodotte in Usa che dei prodotti importati, pesando sull'economia americana. Nella lettera agli azionisti, Dimon ha parlato dell'annuncio del presidente Trump del 2 aprile: "Qualunque sia l'opinione sui motivi legittimi alla base dei nuovi dazi annunciati e, naturalmente, ce ne sono alcuni, o sul loro effetto a lungo termine, positivo o negativo, è probabile che ci siano effetti significativi nel breve termine". Per il ceo "è probabile che si verifichino effetti inflazionistici, non solo sui beni importati, ma anche sui prezzi interni, poiché aumentano i costi dei fattori produttivi e la domanda di prodotti nazionali". Ora "resta da vedere se l'insieme dei dazi porterà a una recessione, ma di certo rallenterà la crescita", ha aggiunto. I mercati, ha poi concluso, "sembrano prezzare gli asset presumendo che l'economia continuerà ad avere un atterraggio morbido, ma non ne sono così sicuro".

L’attacco più incisivo lo ha sferrato Bill Ackman, miliardario e gestore di hedge fund, che in un tweet ha preso di mira il segretario al Commercio Howard Lutnick, già Ceo e presidente del colosso finanziario Cantor Fitzgerald: "Ho appena capito - ha scritto Ackman su X - perché è indifferente al mercato azionario e al crollo dell’economia. Lui e Cantor sono lunghi sulle obbligazioni. Lui guadagna quando la nostra economia implode. È una pessima idea scegliere un Segretario al Commercio la cui azienda ha massicci investimenti sul reddito fisso. È un conflitto di interessi inconciliabile". Il nuovo regime commerciale è un "errore", ha dichiarato in precedenza Ackman con un altro post su X, segnando con la sua presa di posizione una rottura netta da parte di uno dei principali sostenitori del Presidente all’interno di Wall Street. "Imponendo tariffe massicce e sproporzionate sia ai nostri amici che ai nostri nemici e lanciando così una guerra economica globale contro il mondo intero in un colpo solo, stiamo distruggendo la fiducia nel nostro Paese come partner commerciale", ha rilevato Ackman.

A rincarare la dose contro le politiche di Trump ci ha pensato Larry Fink, Ceo di BlackRock: "Gli Stati Uniti potrebbero accusare i contraccolpo dell'enorme debito e dell'incertezza a scapito del dollaro, che potrebbe perdere lo status di valuta di riserva globale a favore del Bitcoin. Il finanziere ha osservato che "c'è più preoccupazione che mai" per l'economia e che lo status del dollaro come valuta di riserva a livello mondiale "non è garantito per sempre". Se gli Stati Uniti "non tengono sotto controllo il loro debito, se i deficit continuano a crescere" - ha avvertito Fink - il dollaro "rischia di perdere quella posizione a favore degli asset digitali, come la regina delle criptovalute".