Irpef, in 5 milioni di contribuenti reggono l'Italia sulle spalle

Stefano Cuzzila (Cida): "Il fatto che i lavoratori con redditi superiori a 35 mila euro lordi siano appena il 13% apre a un’unica alternativa: o stiamo scivolando verso un impoverimento generale oppure in questo Paese c’è un sommerso enorme. Stiamo continuando a favorie gli evasori

Irpef (Ansa)

Irpef (Ansa)

Roma, 6 dicembre 2022 - Mentre si discute di riforma fiscale e flat tax, il 79,2% degli italiani dichiara redditi fino a 29mila euro, corrispondendo solo il 27,57% di tutta l’Irpef, un’imposta neppure sufficiente a coprire la spesa per le principali funzioni di welfare. Un conto da 278 miliardi che, a pagare, sono allora i (pochi) soliti noti. A farlo emergere è il Report di Cida e Itinerari Previdenziali realizzato sulla scorta dell’Osservatorio dedicato a entrate fiscali e finanziamento del sistema di protezione sociale. Ma andiamo con ordine.

Redditi e paradossi

Il totale dei redditi prodotti nel 2020 e dichiarati nel 2021 ai fini IRPEF è ammontato a 865,074 miliardi, per un gettito IRPEF generato di 164,36 miliardi (147,38 per l’IRPEF ordinaria; 11,99 per l’addizionale regionale e 4,99 per l’addizionale comunale), in calo del 4,75% rispetto all’anno precedente. Diminuiscono anche i dichiaranti (41.180.529) e i contribuenti/versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di IRPEF, che scendono a quota 30.327.388, valore più basso registrato dal 2008. Cala, infine, la percentuale di contribuenti che sopporta la gran parte del carico fiscale: mentre quasi la metà degli italiani (il 49,15%) addirittura non dichiara redditi, tra i versanti è l’esiguo 12,99% dei contribuenti con redditi dai 35mila euro in su a corrispondere da solo il 59,95% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Nel dettaglio, da 0 fino a 7.500 euro lordi si collocano 9.209.590 soggetti, il 22,36% del totale, che pagano in media 22 euro di IRPEF l’anno. I contribuenti che dichiarano redditi tra i 7.500 e i 15.000 euro lordi l’anno sono 8.052.960: in questo caso, al netto del bonus Renzi e del TIR, l’IRPEF media annua pagata per contribuente è di 367 euro (253 euro per abitante), a fronte – a titolo esemplificativo – di una spesa sanitaria pro capite pari di circa 2.060 euro. Tra 15.000 e 20.000 euro di reddito lordo dichiarato (17.500 euro la mediana) si trovano 5,570 milioni di contribuenti, che pagano un’imposta media annua di 1.852 euro, che si riduce a 1.278 euro per singolo abitante; seguono da 20.001 a 29.000 euro 8.707.798 contribuenti versanti. Se si sommano tutte le fasce di reddito fino a 29mila euro, si evidenzia che il 79,20% dei contribuenti italiani versa soltanto il 27,57% di tutta l’IRPEF, e probabilmente una percentuale ancora minore delle altre imposte. Seguono quindi i redditi tra 29.001 e 35mila euro, fascia in cui si collocano 3.217.343 contribuenti pari a 4.659.657 abitanti: questi contribuenti versanti, il 7,81%, pagano un’imposta media annua di 6.377 euro, che si riduce a 4.403 euro per singolo abitante, e versano complessivamente il 12,48% delle imposte.

A salire, la scomposizione mostra invece quei poco più di 5 milioni di versanti con redditi superiori ai 35mila euro che, nella sostanza, sostengono il peso del finanziamento del nostro welfare state. Più precisamente, esaminando le dichiarazioni a partire dagli scaglioni di reddito più elevato, sopra i 100mila euro, l’Osservatorio individua solo l’1,21% dei contribuenti che, tuttavia, versa il 19,91% delle imposte. Sommando a questi contribuenti anche i titolari di redditi lordi da 55.000 a 100mila euro (che sono 1.385.974, il 3,37% del totale, e pagano il 18,14% del totale delle imposte), si ottiene che il 4,58% paga il 38,05% dell’IRPEF. Includendo infine anche i redditi dai 35.000 ai 55mila euro lordi, risulta infine che il 12,99% paga il 59,95% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Seppur fortemente condizionato da COVID-19 (e dagli effetti sui redditi delle relative misure di contenimento dei contagi), oltre che dall’aumento di bonus, sostegni al reddito e strumenti assistenziali, quello che emerge dall’ultimo Osservatorio Itinerari Previdenziali è un quadro che dovrebbe invitare a riflettere media, sindacati e classe politica alle prese con proposte di riforma difficili da sostenere.

“Siamo ormai di fronte a paradossi inaccettabili. I nostri dati descrivono una società in cui le retribuzioni non crescono e sempre meno lavoratori sostengono il peso crescente della pressione fiscale. Il fatto che i lavoratori con redditi superiori a 35 mila euro lordi siano appena il 13% apre a un’unica alternativa: o stiamo scivolando verso un impoverimento generale non adeguato a una potenza industriale oppure in questo Paese c’è un sommerso enorme. Di fatto, stiamo continuando a favorire gli evasori”, commenta Stefano Cuzzilla Presidente CIDA. “Il risultato è il danno per chi onestamente continua a contribuire al welfare e alla solidità dei conti pubblici e che, negli ultimi decenni, è stato costantemente penalizzato da blocchi della perequazione, rivalutazioni parziali e contributi di solidarietà, perdendo potere d’acquisto. E dopo il danno, c’è anche la beffa per chi, dalla manovra, vedrà tagliato in modo lineare l’adeguamento dell’assegno pensionistico e poi non potrà accedere, dato il tetto previsto, a quota 103 che è finanziata proprio da quei tagli. Insomma, non solo chi dà di più continua a pagare per gli altri – conclude Cuzzilla -, ma si continuano a proporre soluzioni “ponte” che non risolvono le gravi contraddizioni del sistema del fisco”.

Il difficile finanziamento del welfare italiano

Come rilevato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nel 2020 sono statati necessari 122,72 miliardi per la spesa sanitaria, 144,76 per l’assistenza sociale e altri 11,3  per il welfare degli enti locali. Un conto totale di 278,78 miliardi che, in assenza di tasse di scopo (come, ad esempio, accade per le pensioni che sono invece in attivo al netto dell’IRPEF), viene finanziato attingendo dalla fiscalità generale: a queste sole 3 voci di spesa sono state dunque destinate nell’ultimo anno di rilevazione tutte le imposte dirette IRPEF, addizionali, IRES, IRAP e ISOST e anche oltre 50 miliardi di imposte indirette. "Negli ultimi 13 anni i redditi dichiarati sono cresciuti del 10% circa, meno dell’inflazione ed enormemente meno della spesa pubblica e, in particolare, di quella assistenziale aumentata del 98% e arrivata a toccare già nel 2020 un valore pericolosamente vicino a quello del gettito dell’IRPEF ordinaria. Bastano questi pochi dati per capire come si sia davanti a un onere molto gravoso da sostenere – ha commentato il Professor Alberto Brambilla, curatore del volume insieme a Paolo Novati - e che lascia ad altre funzioni statali, indispensabili allo sviluppo del Paese (come scuola, infrastrutture, investimenti in capitale e così via), solo le residuali imposte indirette, le accise e la strada del debito. Debito che ogni anno aumenta spaventosamente nella totale indifferenza generale, e infatti siamo il fanalino di coda in Europa per occupazione e produttività".