Pensioni, ipotesi (e trappole) sul tavolo. Penalizzati i nati nel 1960

Serve un correttivo per lasciare il lavoro nel 2024 con 40 anni di contributi. Altrimenti un’intera generazione sarà costretta ad aspettare almeno il 2027

Pensioni, gli scenari

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Roma, 27 ottobre 2021 - Intrappolati per la fine di Quota 100, i cosiddetti boomer del 1960 potranno riuscire a lasciare il lavoro nel 2024, a 64 anni, ma solo se passerà il meccanismo della Quota 104 "mobile", composta da 64 anni di età e 40 di contributi, perché altrimenti dovrebbero addirittura attendere i 67 anni di età o, in alternativa, avere 41-42 anni (a seconda del sesso) e 10 mesi di attività alle spalle. I lavoratori del ’60 sono destinati a diventare la nuova categoria-simbolo dei più penalizzati della fine di Quota 100, come lo furono quelli del ’53 per la riforma Fornero. Meno in trappola sono i nati nel ’58 e ’59. I lavoratori di entrambe le classi di nascita, se non sono andati via con Quota 100, è solo perché a oggi non hanno raggiunto i 38 anni di contributi.

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Ora, però, solo i nati nel ’58 potrebbero andare via ugualmente nel 2022 a 64 anni e 38 di contributi con Quota 102, mentre quelli nati nel ’59 dovrebbero comunque attendere il 2023 fino a 64 anni e 39 di contributi con Quota 103.

Insomma, con l’ultima ipotesi di Quota mobile (64 anni con 38 di contributi (nel 2022, 64 anni di età e 39 di contributi nel 2023, 64 anni di età e 40 di contributi nel 2024) il prossimo anno potrebbero uscire solo coloro che avevano già l’età per Quota 100 quest’anno, ma non ancora i contributi, (quindi ad esempio lavoratori del 1958 con 37 anni di contributi oggi), ma non quelli che avevano i contributi ma non l’età (lavoratori del 1960 con 40 anni di contributi).

Nel 2023 uscirebbero di fatto solo i lavoratori del 1959 con 37 anni di contributi raggiunti nel 2021. Nel 2024 sarebbe la volta dei lavoratori del 1960 con 40 anni di contributi che hanno "sfiorato" Quota 100 e rincorso le Quote negli anni successivi. In compenso, però, secondo le ultime indicazioni verrebbero confermate l’Ape sociale e Opzione donna. A beneficiare della prima (che sarebbe allargata a altre categorie di lavori gravosi) coloro che raggiungono i 63 anni nel 2022 e che si trovano in una delle condizioni previste: disoccupati, lavoratori con mansioni gravose, o che assistono disabili o che sono invalidi. Con il secondo meccanismo potrebbero lasciare il lavoro le donne nate nel 1963 con 35 anni di contributi a fine 2021: a caro prezzo, però, perché la pensione verrebbe decurtata del 25-30 per cento.

1. Legge Fornero

Dal 2022 in pensione a 67 anni di età

Il cosiddetto ’scalone’ è lo scenario che tutti i partiti vogliono evitare. Secondo la legge Fornero, a partire dal 2022 per andare in pensione bisognerà aspettare i 67 anni di età o per quella anticipata almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne). Dal 2026, poi, se non ci saranno ulteriori interventi dilatori, dovrebbe anche scattare il meccanismo dell’adeguamento alla speranza di vita dell’età minima per il pensionamento, la progressione prevista dalla Legge Fornero congelata fino al 31 dicembre 2025. Tutte novità che incideranno su una grossa fetta di lavoratori più anziani che, da un anno all’altro, potrebbero quindi restare esclusi dallo scivolo pensionistico.

2. Pmi / Prima ipotesi

Nel 2022 via a 63 anni con contributi a 38-39

Tra le ipotesi per il 2022 potrebbe essere adottata una combinazione a 63 anni, almeno per i lavoratori delle piccole e medie imprese,  con 38 o 39 anni di contributi. Si tratterebbe di una sorta di ibrido tra Quota 101 e Quota 102.

3. Pmi / Seconda ipotesi

Nel 2022 via a 63 anni con contributi a 39-40

L’altra opzione, sempre sul tavolo per quanto riguarda le piccole e medie imprese, che i tecnici del governo stanno vagliando in questi giorni prevede un’uscita ’allargata’ a 63 anni, ma con l’asticella dei versamenti alzata a 39 o 40 anni.

4. Quota 102+103

Uscita nel 2023. Età e contributi variabili

Tra le ipotesi sul tavolo c’è quella di varare una Quota 102 con 63 anni di età e 39 di contributi per tutto il 2022. A seguire scatterebbe per altri dodici mesi Quota 103 con 63 anni di età e 40 di contributi o 64+39.

5. Doppia Quota 103

In pensione fino al 2023. Età e contributi variabili

In alternativa all’ipotesi Quota 102+103 potrebbe essere adottata per 24 mesi una doppia Quota 103. Nel 2022 e nel 2023 si potrà quindi andare in pensione a 63 anni di età e 40 di contributi o 64 anni e 39 di versamenti.

6. Quote mobili

Via sempre a 64 anni con contributi variabili

Tra le ipotesi che il governo sta studiando c’è anche quella delle cosiddette ’Quote mobili’. Si va in pensione solo al raggiungimento dei 64 anni di età, ma ogni anno si alza il livello dei contributi (38 nel 2022, 39 nel 2023 e 40 nel 2024).

7. Gli scivoli

Ape e Opzione donna ancora per un anno

Il governo sta pensando di prorogare di un anno Ape sociale e Opzione donna (l’anticipo della pensione per le lavoratrici). Per quanto riguarda i lavori gravosi, il numero delle categorie interessate molto probabilmente sarà rivisto al rialzo. L’Ape Sociale è un’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps, a lavoratori in stato di difficoltà, che chiedano di andare in pensione al compimento dei 63 anni. È stata introdotta dalla legge di stabilità 2017 e poi prorogata di anno in anno. L’indennità viene corrisposta fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata, ed è: di importo pari alla rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione se la pensione è inferiore a 1.500 euro oppure pari a 1.500 euro se il calcolo della pensione risulta pari o superiore a 1.500 euro.