Mercoledì 24 Aprile 2024

Investire al tempo della cura Bce «Per i rendimenti tempi lunghi e rischi Scegliete con cura i corporate bond»

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Riccardo Rimondi

MILANO

MANUEL Pozzi, direttore investimenti di M&G Investments, come incideranno le decisioni della Bce di indire una nuova serie di Tltro e di mantenere bloccati i tassi di interesse?

«La mossa di Mario Draghi è solo in parte una novità. Quanto ha detto Draghi è in linea con la politica dichiarata da tempo: la Bce aveva in mente di ridurre gli stimoli e ha iniziato a farlo. Ha rinnovato i prestiti alle banche, ma con modifiche un po’ meno vantaggiose di quattro anni fa».

Che cosa cambia?

«I prestiti sono a due anni e non più a quattro, inoltre invece che prestare a un tasso del -0,4% presterà a tassi dello 0%. La Bce non toccherà i tassi non più fino a settembre ma almeno fino a fine dicembre. C’è la conferma di un contesto di politica monetaria accomodante».

Che impatti può avere la mossa della Bce su chi investe?

«Per l’investitore vuol dire che chi vuol ‘parcheggiare’ il denaro in modo sicuro non ha l’alternativa del mercato monetario, perché i tassi rimarranno in territorio negativo per almeno un anno. Per trovare rendimenti almeno in linea con l’inflazione bisogna spostare l’asticella del rischio e dell’orizzonte temporale. Ma se dovesse esserci una ripresa nei prossimi trimestri è verosimile che i rendimenti dei titoli di Stato tedeschi e nordici potrebbero aumentare e i prezzi scendere. Se si può sopportare un po’ di volatilità e dare tempo agli investimenti probabilmente si trova qualcosa di meglio tra i corporate bond di qualità investment grade. In generale meglio prestare denaro ad aziende più solide e meno indebitate».

Che contromisure hanno preso e prendono gli investitori per difendersi dalla frenata dell’economia?

«La frenata è stata rapida e consistente, a partire da metà dell’anno scorso, per l’incertezza politica in alcuni Paesi europei, la Brexit, la guerra commerciale iniziata dagli Usa. Il rallentamento si è visto soprattutto nei Paesi esportatori, Germania e Italia. I dati peggiori li abbiamo visti l’anno scorso, ma ora c’è qualche segnale di leggerissimo miglioramento. In America, dopo essere cresciuti, i tassi si sono fermati. La Fed è in pausa di riflessione, questo è un fattore di stimolo. Non dovrebbe stupire troppo gli operatori se di qui a qualche mese iniziassero a vedere qualche dato di miglioramento. Ma abbiamo le incognite di Brexit e dazi».

Ma gli investitori si sono riposizionati nei mesi scorsi?

«C’è stato un fuggi-fuggi nell’ultimo trimestre del 2018, con il crollo dei principali listini azionari: molti operatori sono fuggiti dall’azionario e dai corporate bond. E per questo dicembre per noi è stato il mese in cui comprare, non vendere. Ora che i prezzi in parte sono saliti, bisogna chiarirsi le idee sull’orizzonte degli investimenti: sul medio-lungo termine non vediamo motivi di preoccupazione sull’azionario, per il breve è il caso di essere guardinghi».

La Via della Seta è un’opportunità?

«Nel caso del rapporto con la Cina ci sono anche aspetti di natura politica da tenere presente. Dare più peso ai porti italiani può avere un valore aggiunto per il sistema Paese, da qui a dire che può dare un contributo rilevante è da vedersi. Il memorandum sembra molto vago. Sicuramente potrebbe tornare a dare spazio ai porti, sia lato ligure sia lato nord-est».

Ricadute sui risparmiatori?

«Opportunità di investimento per operatori industriali ci possono essere, il riflesso per i risparmiatori è da vedere. Secondo noi gli investimenti in infrastrutture vanno vagliati caso per caso. Per noi in generale è meglio guardare le aziende che già gestiscono infrastrutture».

Che conseguenze porta la guerra commerciale Usa-Cina?

«I mercati hanno già cominciato a risentirne in maniera consistente, il problema è capire quali possano essere le conseguenze. Il reale motivo del contendere è il primato geopolitico e sul settore della tecnologia. Difficile capire quando finirà. È lecito attendersi qualche notizia positiva nel breve, ma non significa che siano finiti i motivi di tensione».

Le elezioni europee vengono viste da più osservatori come cruciali per il futuro dell’Unione. Voi come le considerate?

«Non è detto che queste elezioni siano spartiacque. Non vediamo rischi specifici legati a questa tornata elettorale, i mercati europei però scontano un certo pessimismo. Comunque non pensiamo che le elezioni siano un elemento di svolta sui mercati, potrebbero dare qualche spunto positivo sull’azionario se si vede che l’esito del voto confermerà gli assetti politici tradizionali. Viceversa sappiamo che questi crescenti malumori espressi dall’elettorato sono una tendenza a livello globale e una fonte di incertezza, perché i nazionalismi hanno portato da sempre a periodi di maggiore stress politico e potenzialmente economico».

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