Mercoledì 24 Aprile 2024

Un anno di guerra in Ucraina non ha fiaccato le imprese

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SONO ORMAI PASSATI 12 mesi dall’inizio della guerra in Ucraina e, nonostante tutti i problemi collegati (aumenti dell’inflazione, dei costi dell’energia e delle materie prime), le piccole e medie imprese italiane (pmi) non perdono la speranza nel futuro perché "dopo le grandi crisi ci sono sempre grandi opportunità". Dopo i primi 100 giorni di premierato di Giorgia Meloni, gli imprenditori hanno l’aspettativa che l’esecutivo, a differenza di quelli che l’hanno preceduto, presti un’attenzione ancora più incisiva verso le pmi superando la tradizionale tendenza dei governi italiani di rivolgere le loro misure prevalentemente in favore della media-grande impresa. È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio sulle pmi realizzato da Evolution Forum Business School, ideato dal formatore e coach Gianluca Spadoni su un panel di oltre 16mila micro e piccoli imprenditori (cioè con fatturato sino ad 1 milione di euro, e meno di 5 dipendenti), realizzata in occasione di Pat 2023 (Preparati a Tutto - www.preparatiatutto.live ) la 3 giorni di formazione dedicata a professionisti e imprenditori, che si è tenuta a Cervia (RM) dal 24 al 26 febbraio 2023. Nello specifico, l’80% delle pmi dice di vedere prospettive positive per il futuro, "addirittura meglio del 2022 anche grazie al governo Meloni".

C’è poi una percentuale di "caustici" che considera "la guerra in Ucraina è solo una delle tante guerre che ci sono nel mondo (per esempio ne Kosovo i Siria) e dice: "come con il Covid, ci abitueremo a conviverci". Esiste poi un 3% decisamente pessimista che nel sondaggio risponde: "la recessione sarà la mazzata finale: se la Manovra della Meloni non funzionasse, sarò costretto a chiudere l’attività nel 2023". Ma cosa chiedono le pmi al governo? Una quota del 45% vorrebbe "un’attenzione ancora più incisiva verso le piccole e medie imprese." Uno zoccolo duro pari al 24% reclama a gran voce il "taglio del cuneo fiscale perché vorrebbe assumere più collaboratori a tempo indeterminato ma le tasse sono troppo elevate". Un buon 19% delle pmi interpellate crede che sia imprescindibile il "taglio delle accise sui carburanti mentre una quota del 12% fa una proposta puntuale al governo: "per un anno pagare l’Iva "per cassa" (e non "per competenza" come avviene adesso) per avere la liquidità necessaria a ripartire. Per quanto riguarda le risorse umane, ben il 47% delle pmi afferma di avere difficoltà a trovare collaboratori "motivati", nonostante l’offerta di una buona retribuzione".

Una quota del 33% ritiene che "la tragica mentalità assistenzialista, inculcata nei giovani in 2 anni di Reddito di Cittadinanza, abbia ingannato i giovani facendo credere loro che per lavorare non si faccia alcuna fatica". C’è inoltre una fetta del 21% di titolari di pmi che si indigna e afferma: "nonostante io offra una buona retribuzione, trovo pochi collaboratori pronti al sacrificio, visto che si fa fatica e che lavorare non significa restare sul divano aspettando il Reddito di Cittadinanza". Presentando l’edizione di Pat, Spadoni ha detto provocatoriamente: "Faccio una confessione: da giovanissimo io ho pagato per lavorare. Questo non significa minimamente che i giovani d’oggi non debbano essere pagati. Al contrario, ritengo che troppe volte siano sotto pagati. Nel secolo scorso quando c’era fame vera, mio nonno andava però a fare il panettiere senza essere retribuito perché andava ad imparare il mestiere". Questo, però, per Spadoni era il costume di una generazione in cui i lavoratori erano numericamente di più dei lavori offerti.