Martedì 23 Aprile 2024

SALGONO I RENDIMENTI DEI FONDI PENSIONE

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NEL 2021 hanno raccolto oltre 13 miliardi di euro, da quasi 9 milioni di lavoratori italiani. Stiamo parlando dei fondi pensione, cioè i prodotti finanziari con cui molti nostri connazionali si stanno costruendo una rendita complementare in vista della vecchiaia, per integrare gli assegni erogati dall’Inps e destinati a diventare sempre meno generosi in futuro. Gli ultimi dati della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione, hanno di recente confermato che questi prodotti finanziari sono ormai un pilastro del sistema di welfare italiano, anche se il loro tasso di sviluppo è indubbiamente inferiore alle aspettative dei decenni scorsi, quando furono istituiti. Oggi, secondo le statistiche della Covip pubblicate il 1° febbraio, gli italiani che hanno scelto di investire parte dei loro risparmi in un fondo pensione sono in totale oltre 8,8 milioni anche se le posizioni aperte sono complessivamente più di 9,7 milioni, perché alcuni lavoratori hanno aperto più di una posizione in prodotti diversi. Alla fine dello scorso anno, il patrimonio complessivo investito nella previdenza complementare italiana valeva 212 miliardi di euro, quasi 15 miliardi in più rispetto al dicembre 2020. Come sempre all’inizio di ogni anno, la pubblicazione dei dati della Covip è un’occasione per tirare un bilancio dei rendimenti dei fondi.

Come sa bene chi conosce il meccanismo di funzionamento di questi prodotti, il livello di rendimento è un aspetto tutt’altro che secondario nella previdenza integrativa, anche se le performance vanno giudicate nel lungo periodo, cioè in un orizzonte di almeno 10 o 20 anni. Chi aderisce ai fondi pensione sceglie infatti di versare periodicamente in questi strumenti finanziari (in genere ogni mese oppure ogni trimestre) una parte del proprio reddito. I soldi accantonati vengono poi investiti dai gestori dei fondi sui mercati finanziari, con diversi gradi di esposizione al rischio: chi è disposto a subire perdite nel breve periodo ma vuole avere maggiori chance di guadagno nel lungo termine sceglie di solito i fondi che investono prevalentemente in azioni. Chi vuole invece avere rendimenti più stabili (ma probabilmente meno elevati nel lungo periodo) si indirizza di solito su fondi che investono prevalentemente in obbligazioni e in titoli di stato o in liquidità. Quando il lavoratore raggiunge l’età pensionabile e matura il diritto a incassare l’assegno dell’Inps, il capitale versato nei fondi della previdenza integrativa (più i rendimenti maturati) si trasforma in una rendita di scorta che lo accompagna vita natural durante per tutta la vecchiaia. Più alto è il rendimento dei prodotti previdenziali scelti, dunque, maggiore sarà la pensione integrativa.

Nel 2021, il rendimento medio dei fondi pensione chiusi o negoziali (ai quali possono iscriversi soltanto i lavoratori dipendenti) è stato pari al 4,9%. I fondi pensione aperti (a cui aderiscono in prevalenza i lavoratori autonomi e i liberi professionisti) hanno invece reso in media il 6,4% mentre i Pip (cioè le polizze pensionistiche create dalle compagnie assicurative) hanno guadagnato mediamente l’11% (il 2,2% quelle a capitale garantito). Anche nell’ultimo anno è stata dunque superata la rivalutazione annuale del Tfr (trattamento di fine rapporto), cioè la quota di stipendio che viene accantonata di solito per la liquidazione e che, da diversi anni, i lavoratori possono dirottare invece verso i fondi pensione. Ogni anno, il Tfr si rivaluta di una quota fissa pari all’1,5%, più i tre quarti del tasso di inflazione.