Mercoledì 24 Aprile 2024

Private banking, la sfida dei big si gioca sui tesoretti dei paperoni

Private banking, la sfida dei big si gioca sui tesoretti dei paperoni

Private banking, la sfida dei big si gioca sui tesoretti dei paperoni

LA SFIDA è soprattutto su un terreno: la conquista degli investitori più ricchi. Sembra ormai chiara la scelta strategica delle maggiori banche italiane che anche nel 2022, come negli anni precedenti, punteranno sui clienti di fascia medio-alta. Si tratta degli investitori che usufruiscono dei servizi di private banking, cioè quell’insieme di attività di gestione del patrimonio destinate a chi possiede una ricchezza finanziaria complessiva superiore a 500mila euro. Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm e anche il gruppo Generali: oggi tutti i big del settore bancario e assicurativo italiano si stanno posizionando in forze nel business del private banking, per una ragione strategica ben precisa.

Con i tassi d’interesse ancora bassi, con il mercato del credito sempre più affollato di nuovi player e con i servizi di base allo sportello via via meno redditizi, far soldi con le attività più tradizionali sta diventando sempre più difficile. Meglio dunque concentrarsi sulle offerte a valore aggiunto destinate proprio alla clientela più ricca, che è disposta a pagare un po’ di più (in termini di commissioni proporzionali al patrimonio posseduto), per avere in cambio servizi sofisticati ed evoluti. Non a caso, il private banking e il wealth management (così viene definita in inglese la gestione dei grandi patrimoni), saranno al centro del piano d‘impresa della prima banca italiana: Intesa Sanpaolo, che lo presenterà il prossimo mese. Ad anticiparlo è stato nei mesi scorsi l’amministratore delegato Carlo Messina, che ha sottolineato come la gestione del risparmio sia incentrata "su un rapporto di fiducia tra i clienti e la banca", basato anche sulla presenza nel territorio. Dunque, le filiali degli istituti di credito saranno in futuro sempre più dedicate alla consulenza in materia di investimenti, assicurazioni e sull‘amministrazione del patrimonio familiare e sempre meno alle operazioni ordinarie come gli incassi o i trasferimenti di denaro, che possono essere effettuati online o con dispositivi automatici. Il wealth management di Intesa Sanpaolo ruota oggi attorno alle attività della controllata Fideuram ISPB, la maggiore rete di consulenti finanziari esistente in Italia guidata da Tommaso Corcos, con oltre 6.600 private banker e un patrimonio in gestione che supera i 330 miliardi (cresciuto anche grazie all’incorporazione delle attività di private banking di Ubi Banca, acquisita nel 2020 da Intesa Sanpaolo).

Anche UniCredit, ha deciso di essere della partita. Pochi mesi dopo l’arrivo del nuovo amministratore delegato, Andrea Orcel, è stata creata in Italia una nuova divisione di Wealth Management & Private Banking con 140mila clienti, oltre 100 miliardi di euro di patrimonio in gestione, un team di circa 1.400 dipendenti, di cui 700 Relationship Manager dislocati in 132 città in tutta la Penisola. A guidarla è Stefano Vecchi, un manager che ha già una consolidata esperienza nel settore, dentro il gruppo UniCredit e prima ancora in Credit Suisse. Non sono però soltanto le banche a puntare sulla gestione del patrimonio dei clienti con maggiori disponibilità di denaro. Pure una grande compagnia assicurativa come Generali vuole giocare un ruolo primario sul mercato italiano. Il ceo (chief executive officer) del gruppo, Philippe Donnet, già all’inizio del 2021 aveva sottolineato la volontà di potenziare il business dell’asset e wealth management, che attualmente è sotto la guida di Carlo Trabattoni, manager di lungo corso nel settore del risparmio gestito. Dentro la divisione diretta da Trabattoni opera la controllata della compagnia del Leone, Banca Generali (BG), guidata da Gian Maria Mossa. Con oltre 82 miliardi di euro di asset in gestione e quasi 2.200 consulenti finanziari sparsi sul territorio, BG è oggi il terzo player nazionale del private banking, alle spalle dei due maggiori gruppi bancari. La crescita nel settore del wealth management è anche tra i target primari del Banco Bpm, inseriti nell’ultimo piano industriale triennale dall’amministratore delegato, Giuseppe Castagna. L’obiettivo è di veder crescere le commissioni incassate con questa tipologia di attività a un tasso annuo composto (Cagr) di oltre il 6%. Il private banking e il wealth management di Banco Bpm fanno capo alla controllata Banca Aletti, nome storico della finanza italiana che, anche per la forza del suo marchio, è stata trasformata da tempo in un centro d’investimento per il gruppo.