NEI DECENNI SCORSI erano molto gettonati negli sportelli bancari mentre oggi, dopo un lungo periodo di tagli ai tassi d’interesse, sono un po’ finiti nel dimenticatoio. Ma i contratti di pronti contro termine (Pct) sono ancora offerti al pubblico da tutte le banche e sono uno strumento per far fruttare la liquidità, vincolandola per un periodo di tempo non troppo lungo: di solito 3 mesi, anche se a volte arrivano fino a un anno. Chi sottoscrive un contratto di Pct versa una somma di denaro alla banca e acquista una certa quantità di titoli, quasi sempre obbligazioni o Buoni del Tesoro. A una determinata scadenza (termine) la stessa banca si impegna a ricomprare i titoli a un valore superiore e la differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita rappresenta il rendimento ottenuto dal cliente. In media, secondo i dati dell’Associazione bancaria Italiana (Abi), il rendimento dei pronti contro termine è pari oggi allo 0,84% lordo, sul quale va però applicata una ritenuta fiscale che varia tra il 12,5% e il 26%.
Nello specifico, se i titoli ceduti e riacquistati dalla banca sono Buoni del Tesoro, il prelievo sui rendimenti è del 12,5%. Viceversa, se i titoli ceduti sono obbligazioni di altro genere, la tassazione è più alta ed è pari al 26%. Conti alla mano, un rendimento su base annua dello 0,8% lordo scende allo 0,6% circa su base annua al netto delle imposte, che corrisponde ad appena 60 euro in 12 mesi su un capitale investito di 10mila euro. Non è molto ma, visto il livello attuale dei tassi d’interesse, è difficile ottenere di più con investimenti di brevissima scadenza. I pronti contro termine sono uno strumento per gestire la liquidità nel breve termine, visto che i contratti hanno una durata molto corta. Proprio grazie a questa scadenza ravvicinata, sono considerati strumenti d’investimento sicuri, a differenza delle obbligazioni che hanno vita residua molto più lunga.
Prima di firmare un contratto di Pct è bene però tener presenti alcune "controindicazioni". I pronti contro termine obbligano a tenere vincolata la somma di denaro per un certo periodo di tempo, seppur di pochi mesi, mentre i soldi depositati su un normale conto bancario sono liquidabili nell’immediato. Il sistema di garanzie previsto per i possessori dei Pct è meno generoso di quello dei conti. In caso di fallimento della banca, infatti, ogni correntista e depositante ha diritto a vedersi rimborsare le somme di denaro in giacenza fino a un massimo di circa 100mila euro. A garantire i soldi è il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Nel caso dei pronti contro termine, questa protezione non c’è.