La Fed rialza i tassi, il nemico numero uno ora è l’inflazione

Operatore di Borsa (Ansa)

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Ttutto come previsto. La Federal Reserve degli Stati Uniti ha deciso di aumentare i tassi di 25 punti base: si tratta del primo rialzo dal 2018. Di fronte a un’inflazione che ha raggiunto il livello massimo in quarant’anni, per il 2022 la Fed ha previsto sei ulteriori rialzi. "Pertanto, la proiezione mediana di fine anno è dell’1,9%, in linea con le aspettative del mercato, mentre per il 2023 è del 2,8%, un livello più alto del previsto". Lo rileva Nicolas Forest, Global Head of Fixed Income di Candriam, secondo cui la guerra in Ucraina non sembra aver alterato i piani di normalizzazione monetaria, anche se – sottolinea – le dichiarazioni della Fed hanno preso in considerazione le pressioni inflazionistiche aggiuntive causate da questi eventi.

"L’inflazione è ora il principale nemico della Fed – prosegue Forest – Dopo aver accettato uno slittamento al di sopra del suo obiettivo, il presidente Jerome Powell (nella foto) vuole riprendere la normalizzazione monetaria, rallentando lievemente l’economia americana. Tuttavia, storicamente questo tipo di politica di normalizzazione non finisce sempre bene. Poiché la Fed ha iniziato il suo ciclo di tightening più tardi del solito, in un momento in cui l’inflazione non è mai stata così alta, le condizioni finanziarie potrebbero anche inasprirsi, rendendo ambizioso, a nostro avviso, l’obiettivo del 2,8%. In questo contesto, è facile capire perché la curva statunitense si è appiattita e i rendimenti 2-30 anni hanno toccato il livello più basso dalla crisi nel 2019".

"Crediamo che questo ritmo aggressivo di rialzi – afferma Sandrine Perret, Senior Economist di Vontobel – rifletta una Fed interamente concentrata a portare l’inflazione verso il suo obiettivo del 2%, abbassando la domanda e quindi accettando – e anticipando – che il costo sarà una minore crescita quest’anno. I mercati hanno digerito abbastanza bene la decisione della Fed di rialzare i tassi, ma raggiungere un ‘atterraggio morbido’ della domanda, a nostro avviso, è molto difficile. Il rischio che la Fed stringa troppo rimane non trascurabile quest’anno, anche se i dubbi potrebbero iniziare ad apparire nella seconda parte del 2022, a meno che non ci siano sviluppi peggiori in Ucraina o immediati prezzi delle materie prime più elevati per un periodo di tempo più lungo".

Riassumendo, l’analista di Vontobel condivide la visione di Powell di un basso rischio recessione per quest’anno negli Stati Uniti, ma nel 2023 lo scenario potrebbe cambiare con il previsto inasprimento. "Le implicazioni dell’invasione russa dell’Ucraina per l’economia statunitense sono altamente incerte – conclude Perret – Powell ha suggerito che le ricadute potrebbero venire dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, dal rallentamento della crescita all’estero e da ulteriori interruzioni della catena di approvvigionamento. La volatilità dei mercati finanziari potrebbe anche stringere le condizioni finanziarie e rallentare la crescita. Per questo Powell ha garantito che la Fed eviterà di aggiungere incertezze".