Sabato 20 Aprile 2024

Fisco e rendite finanziarie La riforma livella le tasse

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CI SARANNO più tasse e meno tasse sui risparmi? Difficile rispondere adesso, visto che la riforma fiscale del governo Meloni è solo ai nastri di partenza e i dettagli sono ancora tutti da scrivere. Una cosa, però, appare già certa: dal prossimo anno le rendite finanziarie, cioè i guadagni che gli italiani incassano investendo i loro capitali, subiranno un trattamento meno diversificato. Sparirà dunque l’attuale regime, in cui il fisco usa spesso due pesi e due misure, a seconda dei titoli e dei prodotti d’investimento acquistati dai risparmiatori. Attualmente, i redditi da capitale sono tassati al 26%. Questa aliquota è applicata sugli interessi dei conti correnti e delle obbligazioni, sui dividendi distribuiti dalle società quotate in borsa, sui guadagni dei fondi comuni d’investimento e sui capital gain ottenuti negoziando qualsiasi titolo azionario e obbligazionario (cioè sulla differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto). Soltanto i rendimenti ottenuti con i Buoni del Tesoro italiani ed europei come i Bot, i Btp o i Bund tedeschi subiscono un trattamento di favore, essendo soggetti a un prelievo del 12,5%. Su 1.000 euro di interessi incassati investendo in un Btp, per esempio, al risparmiatore ne restano in tasca 875 al netto delle tasse, contro i 740 euro netti che gli spetterebbero se lo stesso rendimento lordo derivasse da un conto corrente o da un’obbligazione emessa da una società privata.

Con la riforma fiscale del governo Meloni, che al momento è una legge delega ancora da riempire di molti contenuti, resterà il prelievo agevolato al 12,5% per i titoli di stato. Diventerà invece più uniforme il regime di imposizione per tutte le altre rendite finanziarie, in particolare per quel che riguarda la compensazione dei guadagni con le perdite. Oggi, infatti, chi ottiene una perdita investendo in azioni e altri titoli (acquistati tramite una banca o un intermediario), può risparmiare sulle imposte da pagare sottraendo le minusvalenze dagli eventuali guadagni ottenuti con altri titoli e versando le imposte soltanto sulla differenza. Tale possibilità è preclusa invece a chi investe nei prodotti del risparmio gestito come i fondi di investimento, che sono dunque penalizzati dal punto di vista fiscale.

Cambiamenti in vista anche per la tassazione dei fondi pensione, i cui rendimenti sono soggetti a un prelievo del 20%, cioè più basso della media, ma che si applica ogni anno, anche se il sottoscrittore del fondo non riscatta la sua posizione. È il cosiddetto prelievo sul ‘maturato’ (secondo la definizione degli addetti ai lavori) che è considerato meno favorevole di quello che colpisce invece i tradizionali fondi comuni di investimento, i cui guadagni vengono tassati soltanto quando l’investitore si fa liquidare il capitale (prelievo sul realizzato). Nel presentare la riforma, il governo non ha scoperto le carte su quali saranno le aliquote. Alcune associazioni di categoria si sono però già espresse favorevolmente, almeno a grandi linee, sulla decisione del governo di rendere più uniforme il regime fiscale sui redditi da capitale. È il caso di Assogestioni, sigla rappresentativa delle società di gestione del risparmio e dell’Anasf, che rappresenta invece il mondo dei consulenti finanziari. Le loro proposte avanzate da tempo sembrano infatti accontentate, almeno a giudicare dalle linee guida della riforma. Ora non resta che vederne i dettagli.