TUTTO PRONTO per marzo, o quasi. La Federal Reserve ha segnalato più volte la volontà di tornare ad alzare i tassi di interesse, per contrastare un’inflazione elevata, in buona parte legata a una domanda surriscaldata da frenare. Le enormi risorse iniettate dalle due amministrazioni – Trump e Biden – nell’economia americana, che ora vengono spese dalle famiglie, hanno associato a una classica inflazione da offerta, bloccata dalle interruzioni nelle catene di approvvigionamento, un’inflazione da domanda, spingendo la corsa dei prezzi al 7%, un livello inimmaginabile appena un anno fa. Il 26 gennaio la Fed ha dato così il via alla manovra di rientro. Gli acquisti di titoli saranno azzerati – è stato confermato – all’inizio di marzo e quindi nella riunione del 16 la stretta, che sarà lenta e graduale, potrà partire, "se le condizioni saranno appropriate", ha detto il presidente Jerome Powell in conferenza stampa. Gli investitori contano su almeno tre rialzi quest’anno, o forse quattro. La Bce, invece, non ha tanta fretta, anche se molti esperti ipotizzano "almeno due rialzi nel 2022" per l’eurozona. D’altra parte, l’inflazione ha superato le aspettative della Bce già da diversi mesi, raggiungendo a gennaio il massimo storico del 5,1%, in base alle stime. Un altro fattore delle potenziali pressioni al rialzo è il livello della disoccupazione, che ha toccato i minimi storici al 7% nell’eurozona, mentre un quarto delle imprese dell’area euro registra difficoltà a trovare personale. Questo significa, ipotizzano gli esperti, che anche i salari saliranno quest’anno, ampliando la cinghia di trasmissione delle spinte inflattive dal prezzo dell’energia alla paghe. A quel punto gli economisti ritengono che il ‘contagio’ della corsa dei prezzi sarà più profondo e rapido. Le aspettative di rialzo dei tassi hanno portato, infatti, a forti flussi di vendita sulle obbligazioni nell’eurozona, spingendo sopra lo zero il rendimento ...
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