Alla conquista dei Millennials

CIRCA 250 MILIONI di persone in tutto il mondo, da qui al 2030. Sono i potenziali giovani investitori che in futuro affideranno la gestione dei loro patrimoni (in media più di 500mila euro o un milione a testa) agli operatori del private banking. Con l’avanzare degli anni, chi nelle banche amministra la ricchezza dei clienti di fascia medio-alta dovrà iniziare a pensare alle Generazioni Y e Z, che includono i nati dal 1981 in poi, inclusi i giovani venuti alla luce alle soglie del terzo millennio, nel pieno dell’era digitale.

Parliamo di una folta schiera di persone cresciute a "pane e internet", che ovviamente avranno abitudini ed esigenze ben diverse da quelle dei loro genitori o nonni, da cui erediteranno i patrimoni. A dirlo è una ricerca diffusa nel dicembre scorso dall’Aipb (Associazione italiana private banking) e realizzata in collaborazione con la multinazionale della consulenza Bain&Company. Secondo l’indagine, alla fine del prossimo decennio quasi il 60% del patrimonio gestito nel private banking sarà destinato a prodotti finanziari innovativi, diversi da quelli attualmente nei portafogli dei clienti. Inoltre, i professionisti del settore (private banker) dovranno dotarsi di nuove competenze in linea con i trend del mondo digitale e dovranno prepararsi a essere molto produttivi, potendo gestire in media circa 300 clienti a testa, grazie all’ausilio delle nuove tecnologie. In particolare, troverà maggiore spazio nel portafoglio una categoria di strumenti finanziari che sono particolarmente apprezzati dalle generazioni più giovani. Stiamo parlando dei prodotti Esg (environmental, social and governance) cioè rispettosi dell’ambiente, della responsabilità sociale e della trasparenza nella gestione delle aziende.

La ricerca di Aipb-Bain stima che nel 2030 i prodotti Esg rappresenteranno una quota di ben il 50% di tutti i prodotti del risparmio in circolazione, contro il 33% di oggi. In crescita saranno anche i cosiddetti digital asset, cioè tutte quelle classi di investimento che si svilupperanno con la crescita della tecnologia Blockchain, che ha portato alla nascita delle discusse criptovalute ma anche per esempio gli Nft (non fungible token), strumenti digitali che attestano la proprietà univoca su un bene e che consentono di scambiare beni (o di quote di beni) oggi poco facilmente liquidabili (come per esempio gli immobili o le partecipazioni in aziende non quotate). Attualmente i digital asset rappresentano una parte assai marginale del patrimonio dei clienti del private banking ma, già nei prossimi 5 anni, la loro quota salirà tra l’1 e il 5%.

Andrea Telara