Lunedì 19 Maggio 2025
CLAUDIA MARIN
Economia

Inverno demografico e childfree: perché si desiderano zero o meno figli?

Quali possono essere i motivi alla base di questo trend

L'inverno demografico in Italia

L'inverno demografico in Italia

Roma, 19 aprile 2025 – I dati sull’inverno demografico italiano sono ormai drammaticamente noti. Ma non per questo è conosciuta la dinamica delle cause del trend. Certo, è di comune evidenza il riferimento alle difficoltà economiche, alla precarietà del lavoro e dei redditi, alla complessità di conciliazione tra vita e lavoro, e via di seguito con tutti quelli che possono essere considerati fattori sociali del declino demografico. Ma quanto incide, invece, il venire meno dello stesso desiderio di avere figli? Quanto conta il fenomeno del cosiddetto childfree, ovvero di coloro che dichiarano esplicitamente di non volere figli.

A affrontare questo nodo è stata recentemente Francesca Luppi, dell’Università Cattolica di Milano, in un articolo (che rinvia a altri suoi studi) per Neodemos, il portale dedicato alla divulgazione in materia di demografia, su «La crescente incidenza dei childfree fra i giovani italiani». Ebbene, «la propensione delle donne che risiedono in Italia ad avere figli si è ridotta in maniera significativa negli ultimi 15 anni – spiega la studiosa - A partire dalla Grande Recessione, il loro tasso di fecondità è infatti calato da 1,42 figli per donna nel 2008 a 1,2 nel 2023.

Quanto questa riduzione della fecondità sia legata a una difficoltà ad avere il numero desiderato di figli, e quindi a un rimandare continuamente la scelta fino a non realizzarla pienamente? E quanto invece le giovani generazioni stanno rivedendo le loro priorità di vita?». In uno studio recente, puntualizza la ricercatrice, «abbiamo cercato di colmare almeno in parte questa lacuna. Utilizzando i dati del Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, è stato possibile infatti ricostruire l’andamento dei desideri e del valore dato all’avere figli nella popolazione di giovani italiani di età compresa fra i 18 e i 34 anni, a partire dal 2012 (post Grande Recessione) fino al 2022 (post pandemia). Quello che emerge è un significativo cambiamento nelle preferenze di fecondità». Vediamo come.

Un risultato fondamentale è che la probabilità di dichiarare di desiderare almeno un figlio nella vita fra i giovani italiani è scesa dal 95% nel 2012 e all’85% nel 2022. Ne consegue che i childfree (coloro che alla domanda “Idealmente, se tu non avessi ostacoli di alcuna sorta, quanti figli vorresti avere nella tua vita?” rispondono “zero”) nel 2022 rappresentavano circa il 15% della popolazione giovanile. «Se il calo dei desideri era già evidente prima della pandemia di COVID-19 – la prima interpretazione - l’avvio della crisi sanitaria ed economica ha accentuato il fenomeno, suggerendo l’ipotesi che sia esito tanto di un cambiamento culturale di lunga data quanto delle incertezze derivate dalla congiuntura sfavorevole».

Non basta. Anche fra chi i figli li desidera è stata osservata una contrazione del numero medio di figli che si vorrebbero avere nella vita, ancora una volta soprattutto in epoca pandemica. È interessante notare tuttavia come il modello della famiglia con 2 figli continui ad essere dominante almeno fra chi i figli li desidera.

Da segnalare che la percentuale di coloro che pensano che nella vita si sentirebbero pienamente realizzati anche senza diventare genitori rimane costantemente alta nel periodo osservato (sopra il 30%), raggiungendo però l’apice del 40% nel 2021. Oltre il doppio di coloro che non desiderano avere figli nello stesso anno.

Nel complesso sono le donne più degli uomini a mostrare un aumento più incisivo dell’incidenza di childfree: nel 2022 dichiara di non desiderare figli il 18% delle donne contro il 12% degli uomini. Tale differenza – spiega Luppi - «è probabilmente l’esito del perdurare di squilibri nei rapporti di genere, soprattutto sul lato della conciliazione fra realizzazione personale nella sfera lavorativa e familiare. Squilibri che non stanno impattando solo sulle aspettative di fecondità, quindi, ma anche sulla desiderabilità della genitorialità».

Emerge, dunque, «una sempre maggior accettazione – insiste la studiosa - della “nuova normalità” – che si sta imponendo anche a livello numerico e non solo culturale – di una vita senza figli, vista comunque come pienamente gratificante in termini di realizzazione personale».