Giovedì 18 Aprile 2024

Introvabili e sempre più costose Materie prime, un freno alla ripresa

Effetto del Superbonus e degli accaparramenti cinesi. Confindustria: la produzione industriale è a rischio

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di Achille Perego

Sono sempre più care e meno disponibili. E così, nonostante un rallentamento della corsa questa estate, il forte rincaro delle materie prime unito a un’offerta che non riesce a soddisfare la domanda mondiale, spinta dalla ripresa post-Covid, rischia di pesare sulla ripartenza del Paese. E sul motore dell’economia: le imprese. Se dal workshop Ambrosetti a Cernobbio sono arrivati ieri segnali di fiducia dagli imprenditori, a pochi giorni dal record del Pil nel secondo trimestre (+17.3%), l’orizzonte non appare così sereno.

"Insieme con l’aumento dei contagi da Covid – avverte Alessandro Fontana, responsabile Ufficio studi di Confindustria – l’altro grande elemento di preoccupazione è rappresentato dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dalla loro scarsità sul mercato". Tanto che, proprio la difficoltà di approvvigionarsi di metalli industriali, di microchip e di altri beni intermedi legati alla transizione green ("Basti pensare alle difficoltà dell’industria dell’auto per le vetture elettriche", aggiunge Fontana), mette a rischio la produzione industriale che a luglio stimiamo a -0,7% rispetto a giugno.

Ma non è solo l’auto a soffrire. Il presidente Ance, Gabriele Buia, oltre all’allarme prezzi, ha lanciato l’altro ieri quello della mancanza di materie prime per le migliaia di cantieri aperti con la spinta del Superbonus al 110%. Siamo a un livello tale di emergenza (con rincari del legno da costruzione del 200%) che presentando l’ultimo Rapporto sull’economia del Centro Einaudi, il professor Mario Deaglio aveva citato il paradosso di chi va di notte a segare di nascosto alberi nei boschi per procurarsi il legname. Ma mancano anche il rame per le grondaie, il ferro per i tondini, l’acciaio per i ponteggi – accaparrato dalla Cina –, l’alluminio per gli infissi. Alluminio che ha raggiunto al London Metal Exchange i massimi del decennio e sembra avviato verso il record storico di 3mila dollari a tonnellata.

Questa estate, ricorda Maurizio Mazziero della Mazziero Research, alcune quotazioni si sono un po’ ridimensionate. Il petrolio è sceso dai massimi ma resta sopra i 70 dollari al barile contro i 20 di marzo 2020. E ha trascinato tutto il comparto dell’energia, con pesanti rincari delle bollette delle imprese, e pesato sui trasporti, da quelli su gomma a quelli via nave con il costo container in alcuni casi triplicato e quadruplicato. Se il rincaro del rame si è ridotto a poco più del 40% in un anno, a giugno il rapporto di Anima Confindustria segnalava aumenti del 365% per i costi elettrici, del 142% per lo stagno e di oltre il 200% per i coils a caldo. A cui aggiungere, con punte anche del 450% per il rodio, una delle Terre rare, i rincari di zinco, nichel, silicio, litio, manganese, cobalto. E non è da meno la carta con, secondo Assocarta, le quotazioni in dollari delle cellulose che da ottobre 2020 ai primi sei mesi del 2021 hanno registrato incrementi dal 50 a oltre il 60% con punte del 300% per la carta da riciclo.

Finora il caro-materie prime, che ha portato l’inflazione a salire in agosto al 2,1%, massimo degli ultimi otto anni, non è stato ancora scaricato, grazie alla ripresa della domanda e dei consumi, né al dettaglio, come ricorda Mariano Bella, responsabile dell’Ufficio studi di Confcommercio, né nei prezzi alla produzione. Ma, conclude Fontana "se questa situazione perdurerà nei prossimi mesi le imprese si vedranno erodere la marginalità con il rischio di tornare in difficoltà".

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