Mercoledì 24 Aprile 2024

Triste, felice, impaurito: ora il robot è come noi

Un robot sempre più umano, a partire dalle espressioni

Un robot sempre più umano, a partire dalle espressioni

Sempre più umani, non solo nelle ’funzionalità pratiche’ (dall’aprire una porta al realizzare lavorazioni meccaniche complesse), ma anche nell’espressività: i robot diventano sempre più simili all’uomo anche nell’apparenza e nella miminca facciale. L’ultimo esempio è Nikola, un bambino androide che trasmette col viso sei emozioni di base: felicità, tristezza, paura, rabbia, sorpresa e disgusto, generate col movimento dei ’muscoli’ della faccia. Il progetto è stato realizzatoin Giappone, dai ricercatori del RIKEN Guardian Robot Project, e lo studio con cui si è testata l’espressività è stato pubblicato pubblicato su Frontiers in Psychology: è la prima volta che la qualità delle emozioni espresse da un androide sono state testate e verificate per queste sei emozioni. "A breve termine, androidi come Nikola possono essere importanti strumenti di ricerca per la psicologia sociale o persino per le neuroscienze sociali – spiega Wataru Sato, del RIKEN Guardian Robot Project –. Rispetto agli umani, gli androidi sono bravi a controllare i comportamenti e possono facilitare una rigorosa indagine empirica delle interazioni sociali umane".

Nikola è una testa di androide che sembra un ragazzo glabro. All’interno del viso ci sono 29 attuatori pneumatici che controllano i movimenti dei muscoli artificiali, e altri i 6 attuatori controllano i movimenti della testa e del bulbo oculare. Gli attuatori pneumatici sono controllati dalla pressione dell’aria, che rende i movimenti silenziosi e fluidi. Il team ha posizionato gli attuatori basati sul Facial Action Coding System (FACS), che è stato ampiamente utilizzato per studiare le espressioni facciali. Ad esempio, i ricercatori hanno chiesto alle persone di valutare la naturalezza delle emozioni di Nikola poiché la velocità dei suoi movimenti facciali era sistematicamente controllata. I ricercatori hanno scoperto che la velocità più naturale era più lenta per alcune emozioni come la tristezza rispetto ad altre come la sorpresa.

"Gli androidi in grado di comunicare emotivamente con noi saranno utili in un’ampia gamma di situazioni della vita reale, come la cura degli anziani, e possono promuovere il benessere umano", ha concluso Sato. L’obiettivo finale del Guardian Robot Project è costruire un androide che possa assistere le persone, in particolare quelle con bisogni fisici che potrebbero vivere da sole: una versione moderna di ’Caterina’, la cameriera robot del film di Alberto Sordi del 1960.

Vanno invece nella direzione di utilizzare un androide come ’avatar’ scolastico in presenza per i bambini malati, gli studi portati di Veronica Ahumada che studia informatica sanitaria e interazioni uomo-robot presso l’Università della California (UC). Il robot in fase di studio e test si chiama Stretch e consente a un bambino malato di vedere, ascoltare e parlare con l’insegnante e i compagni come se fosse presente a scuola. Progettato per controlli a distanza dei medici negli ospedali o da manager aziendali per collegarsi a strutture in remoto, questo robot di telepresenza potrebbe arrivare anche nelle scuole per aiutare bambini con malattie croniche e invalidanti. Oltre a prendere parte alle lezioni come se fossero in classe, i bambini possono chattare con gli amici e ‘unirsi’ ai loro coetanei per il pranzo, il coro o la ricreazione. Il progetto studia come realizzare una macchina con caratteristiche su misura per i bambini, inclusi altoparlanti in grado di trasmettere il suono attraverso il frastuono di un’aula, un “braccio” per raggiungere e afferrare, e un’interfaccia utente operabile da bambini.