Giovedì 18 Aprile 2024

Linkem, nuove partnership per costruire le smart cities

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Un programma strategico di sviluppo per sostenere le città e i territori verso lo sviluppo di comunità intelligenti: è il programma Future Communities, promosso da Linkem e Linkem Lab per affrontare la rivoluzione digitale in Italia: "Vogliamo contribuire a creare gli strumenti, le piattaforme e i servizi che caratterizzeranno le comunità del futuro", spiega Raffaele Gareri, Chief Digital Governament Officer di Linkem, che fino a qualche settimana fa è stato Direttore del Dipartimento Trasformazione Digitale di Roma Capitale.

Linkem è un operatore che tradizionalmente opera nel mondo delle telecomunicazioni: come si arriva a Future Communities?

"Alla base c’è la consapevolezza della quarta rivoluzione industriale, quella che stiamo vivendo, e che è basata sul digitale. Il processo di trasformazione è stato accelerato dalla pandemia, e lo sarà ulteriormente con il Pnrr. Da qualche anno Linkem ha iniziato a esplorare il mondo dell’open innovation, con finanziamenti a start up che forniscono servizi innovativi (attraverso Linkem Lab, ndr). Con Future Communities vogliamo offrire tecnologie e modelli di nuova generazione per realizzare quei servizi che caratterizzeranno la vita dei cittadini e delle imprese".

Di quali servizi si parla?

"Quelli classici che gestisce la Pubblica Amministrazione: mobilità, assistenza agli anziani, manutenzione strade e edifici o promozione turistica. Tutti possono essere sempre più caratterizzati da nuova tecnologie come big data, intelligenza artificiale, blockchain, internet of things".

Come si realizza una Smart City?

"Non si tratta solo di adottare una soluzione tecnologica: c’è la necessità di adottare un approccio multidisciplinare. Certo si parte dall’aspetto tecnico, poi bisogna studiare il modello organizzativo, l’ecosistema che deve utilizzare questa nuova soluzione, ad esempio come gli attori della mobilità che devono utilizzare questi strumenti possono interagire per averne pieno beneficio".

Cosa non può mancare?

"C’è un tema fondamentale di governo dei dati: tutti questi mondi sembrano ognuno per conto proprio, ma messi insieme sono fondamentali per i decisori per sviluppare nuove politiche".

Eppure lo stato dell’arte sembra quello di una grande frammentazione...

"Chiariamo una cosa: è corretto che le soluzioni siano diverse da città a città, da territorio a territorio, perché i territori sono diversi, con una loro storia, tradizioni, attori ecc. Ad esempio, ogni territorio risolve in modo diverso la raccolta dei rifiuti".

Però...

"Oggi c’è una organizzazione dei dati ’a silos’, frutto degli anni in cui si è messa l’enfasi sulla specializzazione e le strutture organizzative hanno finito col chiudersi a compartimenti stagni. Ora, guardando anche all’estero, ci si accorge che c’è necessità di superare la frammentazione. Ad esempio: i dati della mobilità vanno incrociati con quelli dell’inquinamento e con quelli dei flussi turistici. Così chi pianifica la mobilità può tenere conto le informazioni provenienti da tutti questi mondi per renderla più efficace, considerando anche le nuove sensibilità dell’utente, che oggi guarda già a scegliere un percorso meno inquinante".

Qual è l’approccio operativo di Linkem?

"Vorremmo concentrarci sulle piattaforme ’orizzontali’ che mettono in comunicazione questi mondi. Resta in fatto che poi serve anche la soluzione del verticale, e in questo supportiamo la Pa nella scelta della soluzione più adatta già sul mercato. È importante il concetto di neutralità: ti aiuto a scegliere costruendo la soluzione sull’esigenza specifica, non ti propongo il mio prodotto. La nostra visione è che bisogna partire dai bisogni dei territorio, non dal prodotto. Le soluzioni si trovano mettendo insieme più soggetti, creando un ecosistema che condivide la visione finale".

Cosa caratterizza Future Comunities?

"Il partnerariato tra pubblico e privato. C’è la necessità di pensare fuori dagli schemi e di creare una alleanza di competenze: il pubblico conosce i bisogni della popolazione, il privato conosce di più le tecnologie, come si aggiornano, che opportunità danno, e ha una sua storia di efficienza operativa".

Gli strumenti legislativi ci sono?

"Sì, il Codice degli appalti oggi consente già alcune procedure innovative di ’procurement’: finanza di progetto applicata su beni materiali, il dialogo competitivo, il partnerariato per l’innovazione, gli appalti pre-commerciali. La nostra idea è usare queste procedure che consentono di costruire insieme le soluzioni".

C’è il rischio che le grandi città corrano di più?

"Le grandi aree urbane sono più stimolate dal contesto più dinamico, ma sono le città medie quelle che oggi hanno più chance di implementare prima nuovi modelli".

E le piccole realtà?

"Il nostro percorso è stimolare l’aggregazione dei territori, per creare bacini più grandi, fare massa critica, in modo da stimolare gli investimenti su tutto il territorio, non solo nelle grandi aree".

Qual è la difficoltà maggiore?

"Trovare territori dove vi sia una forte volontà sia pubblica che privata di gestire il cambiamento, con la consapevolezza che avrà impatti positivi. C’è la necessità di una miglior comprensione dei principi di queste cose anche a livello decisionale e manageriali. Per questo vorremmo dare vita a percorsi per amministratori, dirigenti pubblici, manager, per facilitare la consapevolezza dei cambiamenti, ad esempio nel confronto con quanto già fatto in altre realtà, e far capire come questi cambiamenti impattano sul singolo comparto e sul singolo servizio".