Inflation Reduction Act, cos'è: la legge Usa che spaventa l'Europa

Quasi 370 miliardi di dollari sono stati stanziati per finanziare in dieci anni misure volte a costruire un nuovo ecosistema industriale in settori strategici dell'energia pulita. Ma gli incentivi saranno riservati a chi compra prodotti realizzati negli Stati Uniti

Joe Biden, presidente Usa (Ansa)

Joe Biden, presidente Usa (Ansa)

L'Inflation Reduction Act (Ira), la legge americana adottata dal Congresso a metà agosto, a cui Bruxelles vorrebbe rispondere con un fondo comune a sostegno della transizione verde, è un grande piano di riforme la cui componente principale riguarda il clima: quasi 370 miliardi di dollari sono stati stanziati per finanziare in dieci anni misure volte a costruire un nuovo ecosistema industriale in settori strategici dell'energia pulita, per consentire agli Stati Uniti di raggiungere il loro obiettivo di ridurre del 50% le proprie emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto al 2005. Una seconda componente, più modesta, comprende misure di riduzione del costo dell'assistenza sanitaria, in particolare per gli anziani.

Grazie a questo piano, le famiglie americane possono beneficiare di un credito d'imposta di 7.500 dollari per l'acquisto di nuovi veicoli elettrici americani (4.000 dollari per quelli usati). Sono previsti anche aiuti per l'installazione di pannelli solari, nonché un incentivo alla ristrutturazione delle abitazioni in chiave di efficienza energetica. Dal lato delle imprese, il piano prevede crediti d'imposta per investimenti nel settore dei veicoli elettrici, dell'energia eolica e solare, dell'idrogeno verde, dei biocarburanti, delle batterie e di altre tecnologie pulite.

Sul versante sociale, una delle misure chiave è l'autorizzazione data al programma federale Medicare (l'assicurazione sanitaria pubblica per gli anziani) a negoziare direttamente con le case farmaceutiche a partire dal 2026, per ridurre il prezzo di farmaci tipicamente utilizzati dagli anziani, come l'insulina o altri. Inoltre, gli anziani ora hanno la garanzia di non dover sborsare di tasca propria più di 2.000 dollari all'anno per le spese sanitarie. Per finanziare queste misure, il piano fissa un'imposta minima del 15% sugli utili delle grandi società che realizzano più di un miliardo di dollari di utili. Ad oggi, l'imposta societaria è del 21%, ma la maggior parte delle aziende paga un'aliquota effettiva molto inferiore, usufruendo di crediti d'imposta e di altre scappatoie che ora non saranno più possibili. Il personale dell'amministrazione fiscale, l'Irs, che da anni era in calo, verrà finalmente rafforzato per moltiplicare i controlli.

Perché questa legge è pericolosa per l'industria europea? Perché gli incentivi saranno riservati a chi compra prodotti realizzati negli Stati Uniti, che favoriranno, ad esempio, le Tesla americane rispetto alle Bmw elettriche prodotte in Germania o le turbine americane per i parchi eolici rispetto a quelle prodotte in Europa. Si stanno già verificando, infatti, delocalizzazioni di aziende europee o americane che hanno investito in Europa e che ora preferiscono produrre sul suolo americano per beneficiare di questi incentivi.

L'Europa rischia così un esodo verso gli Stati Uniti delle migliori menti e degli investimenti che oggi sono impegnati nello sviluppo di tecnologie pulite in Europa. "L'Inflation Reduction Act non corrisponde alle regole fissate dall'Organizzazione mondiale del commercio", ha attaccato il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck, dopo un incontro con l'omologo francese Bruno Le Maire. La legge autorizza "incentivi molto forti con clausole di preferenza nazionale", in chiara violazione delle regole internazionali sul libero commercio. Ora gli europei vogliono negoziare delle esenzioni per le industrie europee, come già esistono per messicani e canadesi. Ma vogliono soprattutto adottare una normativa analoga per rimanere nella competizione globale, una sorta di 'Buy European Act' su cui sta spingendo da mesi soprattutto il presidente francese Emmanuel Macron. Parigi e Berlino hanno comunque già concordato di spingere l'acceleratore su diverse tecnologie pulite per migliorarne la competitività contro gli Stati Uniti, ma anche contro la Cina, ad esempio tagliando i tempi di rilascio delle autorizzazioni per i progetti di interesse europeo ed estendendo i finanziamenti in materia di fonti rinnovabili, idrogeno, batterie, salute, intelligenza artificiale e così via.

In più, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato che la prossima estate verrà presentata una proposta per un Fondo comune a sostegno della transizione verde e digitale dell’industria europea. "Dobbiamo potenziare la nostra potenza industriale europea nella battaglia globale contro l'emergenza climatica. E questo richiede una politica industriale europea comune, con finanziamenti europei comuni", ha dichiarato von der Leyen in un discorso al Parlamento europeo. Ma fin da subito sono emerse delle divisioni sulle modalità di finanziamento del fondo. Mentre il commissario europeo al Mercato interno Thierry Breton si è pubblicamente espresso a favore di un grande fondo finanziato dal debito comune europeo, alcuni Stati membri, come la Germania e i Paesi Bassi, hanno fatto notare che ci sono ancora molti fondi inutilizzati del Recovery Fund.

Von der Leyen ha inquadrato il Fondo come una parte importante della reazione europea all’Ira degli Stati Uniti. "Dobbiamo dare la nostra risposta, lanciare la nostra Ira europea", ha ribadito von der Leyen. La presidente si è anche espressa a favore di un rafforzamento del RepowerEU, il programma dell’Ue per aiutare le aziende a gestire la transizione verso le fonti rinnovabili, e ha auspicato un allentamento delle norme sugli aiuti di Stato che consentirebbe agli Stati membri di sovvenzionare più facilmente le proprie imprese. L’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato è una richiesta soprattutto del governo tedesco, che attualmente si oppone a qualsiasi Fondo finanziato da nuovo debito comune, ma alcuni Stati temono che questo porterebbe a forti disparità per l'industria europea, perché le capacità di spesa fra i vari Paesi sono molto diverse. Alcuni hanno "tasche profonde" per sovvenzionare la loro industria, altri no.