Mercoledì 24 Aprile 2024

Spread e tassi in rialzo. Torna il ‘rischio Italia’

Mario Draghi

Mario Draghi

SPREAD BTP-BUND oltre quota 230 come non si vedeva dal maggio pandemico del 2020, prima che Europa e Bce (nella foto a destra, la presidente Christine Lagarde) aprissero l’ombrello protettivo sul nostro Paese. Ora, mentre la pioggia è appena cominciata a scendere e prima ancora che quell’ombrello venga definitivamente chiuso, la nostra solidità finanziaria viene nuovamente messa in dubbio. Insomma, è tornato il ‘rischio Italia’. Giovedì la Bce ha annunciato la fine degli acquisti straordinaria di titoli di Stato a partire del primo luglio. I tassi saliranno, lentamente ma stabilmente, a partire da settembre. Finisce un’era, quella della politica monetaria definita ‘accomodante’ o ‘espansiva’, che in questi anni difficili ha permesso all’Italia di non andare in default. A suo modo, una scelta obbligata da parte dell’Eurotower. L’inflazione in Europa ha infatti raggiunto livelli difficilmente sostenibili (nei Baltici è intorno al 15%) con una media che nell’eurozona è al 7,5%, lontana dall’obiettivo statuario della Bce (intorno al 2%). Poiché l’aumento dei prezzi non è dovuto ad un eccesso di domanda, come negli Stati Uniti, ma a problemi di offerta, questa stretta appare solo il primo passo di un’inversione nelle strategie di politica monetaria. Un problema per noi, visto che per effetto della risalita dei tassi cresce automaticamente il costo di mantenimento del debito pubblico, con i titoli decennali già oltre il 3,5%. Su uno stock di 2.800 miliardi di debito, il peso di questo aumento di interessi è enorme: oltre 3 miliardi per ogni punto percentuale di spread in più.

Tra inflazione che sale ed economia che rallenta ci avviciniamo pericolosamente alla dannata stagflazione (inflazione con stagnazionerecessione), una condizione che in Europa riapre il solco tra forti e fragili. Tanto è vero che in molti si domandano se non sia in arrivo una nuova crisi dei debiti sovrani come nel 2011. Non lo sappiamo, ma al centro c’è comunque l’Italia, oggi messa peggio anche degli altri ‘Pigs’ (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). Non lo dice solo un report di Goldman Sachs, ma anche tutti gli indicatori economici. L’economia italiana, infatti, rallenta. Per il 2022 l’Ocse ha tagliato le stime dal +4% a +2,5%.

Tuttavia, come ribadito anche dal Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, la politica di bilancio della pandemia è finita. È tempo di tornare alla normalità. Anche perché dobbiamo prepararci a ciò che succederà nel 2023, quando verrà ripristinato il Patto di Stabilità, e i tassi torneranno ad essere più alti in modo stabile. È vero, l’alta inflazione provoca un deprezzamento del debito accumulato, tuttavia l’effetto collaterale è un ritorno di una politica economica meno generosa che riporta i nostri conti alla loro vera essenza – la debolezza – rendendoli nudi e senza protezione. E senza una crescita economica stabile potrebbe non essere assicurata la sostenibilità dei conti. In fondo i mercati hanno le loro ragioni ad essere preoccupati.

L’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi aveva acceso molte speranze, mentre oggi il clima sembra cambiato. Il Pnrr presenta elementi di ritardo, se non di inadeguatezza al mutato contesto rispetto a un anno fa. La lunga quota di bonus come un palliativo cancellano qualche sintomo, ma non curano alcuna malattia. E nel frattempo alimentano assistenzialismo e debito. Le riforme restano chimere e lo slancio sembra perduto. E siccome gli investitori cercano sempre di anticipare i tempi, a preoccupare c’è l’incognita del dopo Draghi, vista l’incertezza sull’esito delle urne. Potrebbe davvero accadere di tutto. Incrociamo le dita.

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