Giovedì 18 Aprile 2024

Quel ‘docente esperto’ che divide scuola e politica

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IL DIAVOLO si nasconde nei dettagli. E talvolta anche tra i banchi di scuola. Per cui proprio ora che ripartono le lezioni è necessario accendere un riflettore sulla figura, recentemente introdotta, del "docente esperto". Cruciale sia per la didattica dei ragazzi che, allargando l’inquadratura, per l’attuazione del Pnrr. Le ultime settimane del governo Draghi sono scadenzate dal rush finale per centrare gli obiettivi del Recovery Plan, così da assicurare “credibilità” al nostro Paese e, fatto non marginale, riscuotere i ricchi assegni del Next Generation Ue: 65 miliardi tra il 2022 e metà 2023 (24,1 miliardi per i 45 obiettivi raggiunti entro giugno, poi 38 miliardi per i 55 obiettivi del secondo semestre e ancora, possibilmente, 18,3 miliardi nei primi sei mesi del 2023). Solo che tra rallentamenti istituzionali, Parlamento sciolto, esecutivo in carica per gli affari correnti e, soprattutto, paletti dei partiti sulle singole misure, si tratta di un percorso accidentato dove è facile scivolare. Diversi i casi noti, dalle liberalizzazioni delle licenze dei taxi alle concessioni balneari.

Tuttavia, c’è un aspetto tanto spinoso quanto sottovalutato. Un decreto agostano ha infatti introdotto la figura del cosiddetto “docente esperto”: gli insegnanti di ruolo che conseguono una valutazione positiva per tre trienni consecutivi maturano il diritto ad un assegno ad personam pari a 5.650 euro annui lordi, in aggiunta alla normale retribuzione. In pratica, il 15% in più dello stipendio medio. Si tratta infatti di una riforma "abilitante", e quindi richiesta da Bruxelles come essenziale per l’erogazione dei fondi del Next Generation Ue, che Palazzo Chigi vorrebbe "blindare" per metterlo al riparo dalle richieste di modifica avanzate dalle forze politiche, che prese dalla foga della campagna elettorale hanno persino promesso di smantellare subito dopo il voto. C’è dunque il rischio che la misura – inclusa tra le 45 del primo semestre 2022 – venga sterilizzata dopo aver incassato l’assegno da 24,1 miliardi che dovrebbe arrivare tra fine settembre e inizio ottobre. Una assurdità se si pensa che il Pnrr non può essere inteso come strumento di erogazione di finanziamenti generici e diffusi, bensì a fronte di riforme precise supportate e sostenute da investimenti certificati.

La misura è stata introdotta proprio per rispondere alla richiesta di Bruxelles di intervenire sul sistema scolastico italiano. Anzi, sul corpo docente, inserendo elementi di carriera e retribuzione legati al merito e non alla sola anzianità, cosicché si possano invogliare gli insegnanti a fare meglio, evitando l’appiattimento che scaturisce alla mancanza di prospettive e dalla ripetitiva monotonia. Solo che qui potremmo essere di fronte, sostanzialmente, al riconoscimento di una qualifica contrattuale stabile e non a un "premio di produzione". Una misura timida, insomma. Anche perché nella scuola italiana ci sono tantissimi bravi docenti che andrebbero premiati davvero, che rispettano i programmi didattici ministeriali, si fanno seguire dalla classe, che usano azioni didattiche innovative, che recuperano chi è indietro e dedicano tempo ad allievi e famiglie, che donano anima e corpo a quella che sentono essere una missione. Di questo nel decreto non c’è nulla, ma ciò che è più grave è che le forze politiche vorrebbero cancellare anche questo minimo passo avanti. Difficile poi stupirsi che, anche quest’anno come ogni anno, ci sia carenza di maestri e professori, con le classi che restano vuote. Quale attrattività ha un percorso di carriera dove chi eccelle non viene né premiato né riconosciuto?

(Twitter @ecisnetto)