Giovedì 25 Aprile 2024

Pensioni, urgente cambiare Sì alla previdenza integrativa

IL NUOVO GOVERNO avrà due mesi di tempo e poi, senza nuovi interventi, dal primo gennaio 2023 scadenza quota102, Opzione Donna e Ape sociale, e si torna alla legge Fornero nella sua pienezza. Qualcosa che, stando al programma di centro-destra (anzi, destra-centro), bisogna assolutamente evitare. Ora, se nell’immediato si può discutere di flessibilità in uscita, lavori usuranti e misure di equità, nel lungo periodo c’è un problema demografico gravissimo – tra 30 anni avremo più pensionati che lavoratori – che pone un dilemma sulla sostenibilità del nostro sistema previdenziale. Prendete un dato. Quando fu introdotta la legge Fornero, nel 2012, l’Italia spendeva per le pensioni 249,5 miliardi, pari al 15,9% del pil.

Secondo la Nadef, l’ultimo documento di economia del governo Draghi, pur avendo ridotto l’incidenza sul pil di due decimali (siamo al 15,7%), quest’anno arriveremo a 297,4 miliardi e poi in tre anni la spesa previdenziale raggiungerà poi i 349,8 miliardi, 100 miliardi in più di 10 anni fa, nonostante la legge Fornero. Complice un rallentamento dell’economia il peso sul pil salirà al 17,6%. Con l’inflazione all’8% le stime Inps prevedono, infine, una spesa addizionale di 23 miliardi per indicizzare le pensioni al costo della vita. Questa crescita ha una causa profonda: siamo sempre più vecchi e sempre di meno. Secondo le Nazioni Unite gli italiani, adesso 60 milioni, saranno 36,9 milioni alla fine del secolo. L’Istat prevede la perdita di 12 milioni di abitanti entro il 2065, in linea con le previsioni Onu. E se oggi ci sono tre lavoratori per pensionato, secondo l’Ocse nel 2050 ci potrebbero essere più pensionati che lavoratori. Se pure è vero che la legge Fornero fu introdotta con estrema fretta e qualche sbavatura, da allora si è fatta molta confusione. Il principio, sano, era allineare il sistema pensionistico alla futura struttura demografica, sociale ed economica. Spesso presentati come interventi riparatori e a tutela degli esodati, dal 2012 ad oggi sono invece arrivate una decina di deroghe che hanno messo dentro di tutto e che hanno contribuito ad un aumento della spesa pensionistica del 19,2%, 4,6 punti in più dell’inflazione. Semplicemente, abbiamo rimandato il problema. Con l’aggravante che spesso si è mistificata la realtà. Ora, guardando ai prossimi interventi si può certamente evitare un brusco salto da quota102 al regime ordinario. Si possono promuovere forme di flessibilità in uscita richieste da lavoratori e imprese. Si possono reiterare Ape Sociale e Opzione donna. Ma la tendenza all’invecchiamento è incisa nella pietra. Per questo, oltre agli ambiti sopracitati, c’è bisogno di un radicale cambio di approccio.

Il sistema vigente ‘a ripartizione’, per cui i contributi che versano i lavoratori attivi servono a pagare le rate previdenziali di chi è già in pensione, regge poco. Bisogna quindi sostenere forme di previdenza integrativa ‘a capitalizzazione’. È un meccanismo che sfrutta le leve della finanza e degli investimenti, mettendo a reddito parte della retribuzione di milioni di lavoratori che, oltre a garantire il proprio futuro e a rendersi responsabili di esso, partecipano così alla crescita dell’economia. Tra l’altro, proprio nella legge Fornero fu introdotto il principio dell’opting out, cioè la possibilità di destinare alla previdenza complementare, e quindi alla "capitalizzazione", una parte (l’8%) della contribuzione obbligatoria. La misura è rimasta inattuata. Tornare a parlarne sarebbe un passo avanti per la sostenibilità del sistema previdenziale, per i conti pubblici e le future pensioni degli italiani.

(twitter @cisnetto)