Mercoledì 24 Aprile 2024

Previdenza, aumentano le forme pensionistiche complementari

Dal rapporto Covip emerge che sono 9,2 milioni gli iscritti, il 5,4 per cento in più rispetto al 2021

La previdenza complementare

La previdenza complementare

Roma, 30 Gennaio 2023 – La Covip – Commissione di vigilanza sui fondi pensione, istituita nel 1993 (Decreto lgs. 124/1993), quale Autorità preposta alla vigilanza delle forme pensionistiche complementari ha presentato il rapporto: “La previdenza complementare principali dati statistici”. Le posizioni in essere Alla fine del 2022, le posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari sono 10,3 milioni, in crescita di 564.000 unità (+5,8 per cento) rispetto alla fine del 2021. A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,2 milioni (+5,4 per cento). Nei fondi negoziali si registrano 349.000 posizioni in più rispetto alla fine dell’anno precedente (+10,1 per cento), per un totale di 3,806 milioni. L’incremento continua a dipendere principalmente dall’apporto delle adesioni contrattuali (circa 200.000), ossia quelle basate sui contratti collettivi in essere che prevedono l’iscrizione automatica dei nuovi assunti dei settori di riferimento e il versamento di un contributo minimo a carico del datore di lavoro; quest’anno ha contribuito alla crescita delle posizioni in essere l’attivazione dell’adesione anche attraverso il meccanismo del silenzio-assenso per i neo-assunti del pubblico impiego (circa 80.000). Nelle forme pensionistiche di mercato, si rilevano 106.000 posizioni in più nei fondi aperti (+6,1 per cento) e 84.000 posizioni in più nei PIP ovvero piani individuali pensionistici “nuovi” (+2,3 per cento); alla fine di dicembre, il totale delle posizioni in essere in tali forme è pari, rispettivamente, a 1,842 milioni e 3,697 milioni di unità. Le risorse in gestione e i contributi Le risorse destinate alle prestazioni sono, a fine dicembre 2022, pari a 205 miliardi di euro; per effetto delle perdite in conto capitale determinate dall’andamento dei mercati finanziari, le risorse sono diminuite di circa 7,7 miliardi rispetto a dicembre del 2021. Nei fondi negoziali, l’attivo netto è di 61 miliardi di euro; esso ammonta a 28 miliardi nei fondi aperti e a 45 miliardi nei PIP “nuovi”. Nel corso del 2022 i contributi incassati da fondi negoziali, fondi aperti e PIP sono stati pari a 13,9 miliardi di euro (+4,2 per cento rispetto al 2021). L’incremento si riscontra in tutte le forme pensionistiche, variando dal 4,5 per cento per i fondi negoziali, al 7,8 per cento per i fondi aperti, al 2 per cento per i PIP.

I rendimenti

Nel 2022 i risultati delle forme complementari hanno risentito del calo dei corsi dei titoli azionari e del rialzo dei tassi di interesse nominali, che a sua volta determina il calo dei corsi dei titoli obbligazionari. I rendimenti netti sono pertanto risultati negativi e pari, in media tra tutti i comparti, a -9,8 e a -10,7 per cento, rispettivamente, per fondi negoziali e fondi aperti; nei PIP di ramo III essi sono stati pari a -11,5 per cento. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,1 per cento. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nei dieci anni da inizio 2013 a fine 2022 il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,2 per cento per i fondi negoziali, al 2,5 per i fondi aperti, al 2,9 per i PIP di ramo III e al 2 per cento per le gestioni di ramo I; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari al 2,4 per cento annuo. Osservando la distribuzione dei risultati dei singoli comparti tra le diverse tipologie di forma pensionistica e le diverse linee di investimento, i comparti caratterizzati da una maggiore esposizione azionaria mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al TFR. Essi mostrano anche una maggiore dispersione dei risultati rispetto alle altre tipologie di comparto per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, ma non per i fondi negoziali.