Pallini al traguardo dei suoi "formidabili" 150 anni

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L’ULTIMO BRAND ARTIGIANALE degli spirits italiani entrato in produzione, dopo la sua acquisizione, nello stabilimento di via Tiburtina a Roma è l’Amaro Formidabile. Come "formidabile" è la storia della Pallini che nel 2025 celebrerà i suoi primi 150 anni. Perché a fondare quella che è diventata una bandiera del liquore e degli sciroppi d’alta gamma italiani nel mondo, con il primato del suo limoncello, fu nel 1875 lo spirito d’iniziativa e la capacità imprenditoriale di un giovane abruzzese, Nicola Pallini. Mercante di stoffe e di castagne che decise, aprendo l’Emporio Pallini nel piccolo Paese di Antrodoco, al confine tra Lazio e Abruzzo, di vendere anche le bottiglie di liquore che produceva ispirandosi ad antiche ricette. Come quella del Mistrà che, esordisce Micaela Pallini, 53enne Ceo dell’omonima azienda nonché presidente anche di Federvini e rappresentante della quinta generazione della famiglia che dall’Ottocento possiede e gestisce la distilleria romana, ancora si produce e continua ad esaltare con la sua base di anice il gusto del caffè espresso.

Ma se negli anni Ottanta era proprio il Mistrà il liquore di punta della Pallini, adesso il posto di primo piano nella produzione e vendita – accanto a sambuca e aperitivo Pallini, Ferrochina Baliva, Amaro Formidabile e sciroppi alla frutta - è stato preso dal limoncello. "La svolta è stata negli anni Novanta quando la Pallini sentì l’esigenza di conquistare nuovi spazi puntando su uno dei suoi prodotti di maggior successo, proprio il limoncello prodotto partendo dai limoni delle Costiera Amalfitana dove a Vietri sul Mare abbiamo un piccolo laboratorio per la produzione di limoncello Igp in bottiglie di ceramiche decorate da artisti della costiera con un punto vendita diretto oltre all’emporio di via Tiburtina. Con circa 2,5 milioni di bottiglie l’anno, a partire da quelle da 0,05 - 0,50 cl, vendute soprattutto nel canale Horeca e nel travel retail (dai duty free aeroportuali alle navi da crociera) essendo un prodotto per soglia di prezzo limitato solo a qualche catena laziale della Gdo, il limoncello, per cui nel 2023 abbiamo previsto un refreshing di immagine e packaging, rappresenta oggi il 65% della nostra produzione ed è il secondo limoncello più venduto al mondo".

Quindi dire oggi Pallini che cosa significa?

"Parlare di un’azienda che fattura circa 17 milioni di euro con una trentina di dipendenti che ha saputo coniugare negli anni un’attività su scala industriale mantenendo però la natura artigianale dei prodotti tutti pensati e realizzati direttamente nello stabilimento romano di via Tiburtina".

Come si è chiuso per Pallini il 2022?

"In un contesto generale di crescita, dopo la pandemia, e soprattutto grazie alla ripresa del canale Horeca e del travel retail del settore wine and spirits, come Pallini abbiamo registrato un aumento dei ricavi attorno al 25%. Sia per la vendita dei nostri prodotti sia per l’altro strategico settore della nostra attività che copre ormai oltre la metà del fatturato e che riguarda la distribuzione in esclusiva in Italia di spirits premium, dalla vodka al gin, dal rum al whisky".

Qual è la presenza di Pallini all’estero?

"Più dell’85% dei nostri liquori sono distribuiti oltre confine in una sessantina di Paesi con una forte presenza nel mercato americano, dove siamo leader nel duty free, ma anche in Germania – che l’anno scorso è andata molto bene – Inghilterra, Belgio e Olanda. Negli ultimi anni abbiamo ampliato i mercati dove siamo presenti aggiungendo Paesi come Albania, Australia, Ecuador, Francia, Messico, Montenegro Portogallo, Spagna, Austria e Svizzera. L’obiettivo adesso è rafforzare questa presenza e puntare su nuovi mercati come quelli Balcanici e il Sud America".

Quanto sta incidendo anche per voi il caro-energia e materie prime?

"In particolare abbiamo subito i maxi rincari delle materie prime, come alcol e zucchero, oltre alla difficoltà di reperimento. Ma aumenti in doppia cifra, dovuti secondo me anche a fenomeni speculativi, hanno riguardato il vetro, i tappi, il packaging. E quindi è stato per noi inevitabile riportare una parte di questo straordinario incremento dei costi sui listini, e non sempre è stato facile spiegarlo ai clienti".

Dopo un 2022 di forte ripresa come vede il 2023?

"Con nubi che si addensano all’orizzonte e che potrebbero frenare il mercato. Ma questo settore continua a essere una punta di diamante dell’agroalimentare italiano tanto che il vino ha chiuso il 2022 con il record di circa 8 miliardi di export".

Meglio dei francesi?

"Tra i nostri vini e i loro continuerà sempre la competizione. Diciamo che i nostri cugini d’Oltralpe hanno mostrato nel tempo una maggiore capacità di creare valore e immagine per i loro prodotti ma in fatto di qualità la nostra produzione resta al vertice".

Proprio per sostenere il made in Italy anche del vino che cosa chiedete al nuovo governo?

"Che difenda a partire dalla sede europea la qualità e l’origine combattendo le giuste battaglie di fronte a riforme che vengono proposte a Bruxelles a volte in maniera indiscriminata come quella dell’etichetta del Nutriscore. Come tutte le aziende poi vorremmo una Pubblica amministrazione meno burocratica e complicata".

Un’ultima domanda: quanto è importante la presenza delle donne e dei giovani nel mondo del wine & spirits?

"Contrariamente a quello che si pensi quello del vino non è un settore maschilista, e non mi riferisco solo al consumo consapevole ma soprattutto alla presenza, sia ai vertici delle aziende sia delle associazioni, di sempre più donne. Allo stesso modo vediamo come questo settore sia diventato sempre più attrattivo anche per i giovani offrendo grandi opportunità con le nuove professionalità dell’enogastronomia e dell’enoturismo".