Martedì 23 Aprile 2024

"Obiettivo sostenibilità" Aceto Ponti premia i dipendenti

Migration

LA MATEMATICA, SI SA, non è un’opinione. I numeri, cioè, non mentono. E se il Gruppo Ponti può snocciolare molte cifre certificate (450.000 pezzi imbottigliati ogni 8 ore, 100 milioni di pezzi venduti in un anno, circa 400 referenze di prodotto) deve ancora sciogliere un nodo. Quello sulla data di fondazione. Quando, infatti, nel 2017 ha festeggiato i 150 anni, a causa dei documenti notarili risalenti al 1787 ritrovati da uno storico e sulla base di ulteriori ricerche, tutto è stato rimesso in discussione. "Abbiamo tracciato una storia della mia famiglia fino al 1595; nel 1787 due fratelli Ponti si dividevano la fabbrica dell’aceto perché uno dei due andava a ordinarsi sacerdote: vuol dire che la fabbrica era ancora più vecchia e che da quinta generazione che pensavamo di essere, io e mia cugina Lara siamo diventati la nona", racconta Giacomo Ponti, amministratore delegato dell’azienda leader in assoluto, a livello internazionale, nella produzione di aceti, sottaceti, sottoli, condimenti e sughi pronti. Un marchio di fabbrica forte di un fatturato di 128 milioni di euro e di esportazioni in 74 paesi del mondo. "Siamo però orgogliosamente italiani. Portabandiera del Made in Italy all’estero e, insieme, legati ai nostri territori. Per tradizione culturale e anche enogastronomica. Mio padre e mio zio hanno insegnato a me e a Lara il senso della riconoscenza e della restituzione al territorio. E che l’azienda è un patrimonio che appartiene a tutti quelli che ci lavorano".

Amministratore delegato lei, lo stesso sua cugina: come funziona?

"Abbiamo la stessa carica ma deleghe diverse. Io mi occupo, fra l’altro, degli acquisti, del commerciale, del marketing e comunicazione; Lara dell’organizzazione, delle risorse umane e della sostenibilità".

La sostenibilità da voi compare, insieme a flessibilità e smart working, nel premio di produzione ai lavoratori previsto dal nuovo accordo aziendale, in vigore per i prossimi tre anni.

"Riguarda anche i manager. È importante condividere l’idea che i risultati sono il frutto di impegno e fatiche comuni. Quello della sostenibilità è un percorso. Alla Ponti è iniziato da tempo, con un’analisi dello stato dell’arte dell’azienda, prima, e con una serie di iniziative poi. Abbiamo il vantaggio di non essere impattanti sull’ambiente, utilizziamo plastica e carta riciclate nonché energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. Ci sono obiettivi ulteriormente sfidanti. Ci piace alzare ogni volta di più l’asticella".

Le sfide più importanti?

"Diminuire il gap gender. Non solo incrementando il numero di donne in organico, ma anche azzerando le differenze di retribuzione con gli uomini".

Nel 2009 l’Unione Europea ha assegnato all’Aceto Balsamico di Modena la certificazione Igp. Il riconoscimento corona un percorso durato 15 anni, a garanzia del rispetto dei processi produttivi, della certificazione delle materie prime e dei periodi di maturazione e invecchiamento in botti di legno. Il Gruppo Ponti è però in prima linea nella cosiddetta guerra dell’aceto. A che punto siete?

"C’è un fronte con la Slovenia e uno con Cipro. Entrambi hanno notificato all’Ue una norma che permette di usare senza vincoli la denominazione protetta “aceto balsamico”. La manovra slovena rischia di diventare un precedente pericoloso contro il quale occorre attivarsi a livello comunitario per garantire la difesa di uno dei prodotti simbolo del Made in Italy. Il governo italiano ha chiesto l’apertura di una procedura d’infrazione. Quanto a Cipro, dopo il 23 settembre sapremo se l’Ue rigetterà la legge presentata dal Paese. Ci auguriamo sia così. In caso contrario il rischio è di creare un Far West che non danneggerà solo noi, ma tutti i prodotti ad origine controllata".

Con quali conseguenze sul piano economico?

"Il mercato dell’aceto balsamico vale 1,2 miliardi di euro, con un export che supera il 92 per cento. In gioco ci sono migliaia di posti di lavoro distribuiti su una lunghissima filiera".

Come procedono le vostre strategie di internazionalizzazione?

"Ci crediamo molto. Dal 2015 abbiamo due filiali, a New York e a Parigi, aperte per dare maggiore sviluppo ai nostri prodotti sui mercati esteri. Nei Balcani, nell’ex Yugoslavia e in Svizzera siamo leader di mercato e ci aspettiamo una crescita in molti Paesi, visto il grado di apprezzamento dell’aceto balsamico. Un prodotto idoneo a tutte le cucine internazionali e rappresentativo del Made in Italy nel mondo".

Quanto esportate?

"Il 25 per cento del volume prodotto. Non solo aceto, ma anche conserve vegetali".

La grande turbolenza dei mercati vi preoccupa?

"Le bollette sono più che raddoppiate: il 162 per cento in più il gas, il 94 per cento in più l’elettricità. E non è ancora finita. Ci sono aumenti a doppia cifra sui prodotti che arrivano dalle campagne. Abbiamo aggiornato i listini e ci saranno aumenti sul prezzo alla clientela. Come azienda ci preoccupano molto anche altri fattori".

Per esempio?

"La scarsa disponibilità di materiali come il vetro, la cui produzione per le bottiglie si è ridotta a causa della guerra in Ucraina".

Siete passati dal vetro al Pet. Con quali vantaggi?

"Essendo più leggero ci ha permesso di togliere dalle strade 1.700 camion e di ridurre del 92 per cento il traffico in entrata in azienda. Il Pet è riciclabile. A fronte di una raccolta differenziata che funzioni può garantire, a livello circolare, nuove bottiglie da impiegare e, a livello verticale, la creazione di altri oggetti. Non si può utilizzare, però, per l’aceto balsamico".