I numeri della moda maschile in Italia nel 2022: bilancio in positivo

In occasione del Pitti presentati i dati che evidenziano una crescita del +20,5% del fatturato, superati i livelli pre-Covid

Moda maschile italiana

Moda maschile italiana

Firenze, 9 Gennaio 2023 – Continua a crescere la moda maschile italiana. Dopo un 2021 chiusosi per il menswear italiano in aumento del +15,2%, anche nel corso dell’anno appena terminato la moda uomo si è mantenuta, come del resto la filiera Tessile-Abbigliamento nel suo complesso, in area positiva. Secondo le stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda sulla base delle indicazioni provenienti dalle indagini campionarie interne nonché sulla base dell’andamento congiunturale del quadro macroeconomico di riferimento e diffuse in occasione di Pitti Immagina Uomo, la moda maschile italiana (in un’accezione che comprende la confezione e la maglieria esterna, la camiceria, le cravatte e l’abbigliamento in pelle) è attesa archiviare il 2022 con un fatturato attorno agli 11,3 miliardi di euro, in crescita del +20,5% sull’anno precedente. Il comparto ha così superato i livelli pre-Covid: il turnover del 2019 era pari infatti a 10,1 miliardi di euro.Nel 2022 il segmento uomo è stimato coprire il 18,3% della filiera Tessile-Moda italiana.

L’industria della Moda Maschile italiana

Con riferimento ai singoli micro-comparti qui esaminati, nel 2022 risultano tutti interessati da un ritorno in territorio positivo. A fronte di una vivace crescita dei flussi di importazioni dall’estero, nel 2022 il valore della produzione (si ricorda che tale variabile si propone di stimare il valore dell’attività produttiva svolta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati) presenta un incremento, stimato nella misura del +8,5% rispetto al 2021. Dopo il brusco stop registrato nel 2020 (-16,7%), le esportazioni di moda uomo nel 2021 sono tornate in territorio positivo (+13,4%): tale dinamica favorevole sarà confermata, con ritmi ancor più sostenuti, anche per il 2022. Per l’export si stima, infatti, una variazione su base annua pari al +26,1%; il livello complessivo delle vendite estere passerebbe, dunque, a poco meno di 8,4 miliardi di euro. L’incidenza dell’export sul fatturato totale del comparto risulterebbe, pertanto, pari al 73,8%. Anche relativamente all’import (crollato del -20,1% nel 2020 ma in parziale recupero nel 2021, +8,0%) si profila una crescita, ben più vivace rispetto a quella dell’export, stimata al +44,3% nei dodici mesi; l’ammontare totale delle importazioni settoriali passerebbe così a circa 5,8 miliardi. Visto il suddetto andamento degli scambi con l’estero, per l’attivo commerciale settoriale si prevede una lieve flessione (stimata in 41 milioni in meno rispetto al consuntivo 2021); il surplus complessivo dovrebbe assestarsi, infatti, sui 2.606 milioni nell’intero anno.

Il commercio con l’estero nei primi nove mesi del 2022

Un quadro maggiormente dettagliato relativamente alle performance della moda uomo sui mercati internazionali si ottiene dall’analisi dell’interscambio con l’estero nei primi nove mesi del 2022. In tale periodo, sulla base dei dati ISTAT disponibili alla data di chiusura della presente Nota, sia le vendite estere sia le importazioni hanno evidenziato una performance positiva sui mercati esteri, come già era avvenuto nel corso del 2021. A tale risultato si è giunti grazie alle dinamiche positive che hanno caratterizzato tutti e tre i trimestri, sia per l’export sia per l’import. Da gennaio a settembre 2022 l’export di menswear mette a segno un +26,3% portandosi a quota 6,5 miliardi di euro, mentre l’import vede un aumento del +47,9%, per un totale di 5,2 miliardi circa. Nel periodo in esame il saldo commerciale risulta di poco superiore a 1,3 miliardi di euro, mostrando un incremento di quasi 330 milioni rispetto al dato dei primi nove mesi del 2021. Con riferimento agli sbocchi commerciali, si sottolinea come sia le aree UE sia quelle extra-UE si siano rivelate favorevoli per il comparto, crescendo rispettivamente del +27,7% e del +25,1%. Il mercato UE copre il 46,3% dell’export totale di settore, mentre l’extra-UE risulta il maggior “acquirente”, assorbendo il 53,7%. Analogamente, nel caso delle importazioni, si rileva una variazione positiva del +32,5% per il mercato UE e del +60,2% per l’area extra-UE. Dalla UE proviene il 39,6% della moda maschile in ingresso nel nostro Paese, mentre l’extra-UE garantisce il 60,4%. Circa le principali destinazioni, nel periodo in esame il primo mercato di sbocco del menswear made in Italy è risultato la Germania, interessata da una dinamica positiva del +24,9%, che si è assicurata l’11,2% del totale esportato. Seguono la Francia, che mette a segno una crescita del +31,1% e la Svizzera, principale hub logistico-commerciale del lusso, in aumento del +15,8%; tali mercati assorbono ciascuno circa l’11% dell’export di moda uomo. I flussi verso gli USA, quarto mercato, salgono a 608 milioni di euro ed evidenziano una variazione su ritmi molto vivaci, guadagnando il +70,9%. La Cina si mantiene al quinto posto: le vendite di menswear verso tale nazione crescono del +17,4% rispetto allo stesso periodo del 2021. Restando in Asia, la Corea del Sud archivia un +40,3% e il Giappone un più modesto +4,5%. Il Regno Unito, in sesta posizione, torna in territorio positivo e registra un aumento del +17,4%. Seguono in graduatoria Spagna e Paesi Bassi, anche loro con una dinamica positiva a doppia cifra (+29,4% e +39,5%). Tra i primi 15 “clienti” della moda maschile, gli unici in controtendenza rispetto al dato medio sono Hong Kong e la Russia, che accusano rispettivamente una flessione del -6,6% e del -18,8%. Infine, tre destinazioni con un’incidenza ciascuna di circa il 2,0% del totale di settore, evidenziano tutte una crescita delle esportazioni italiane di moda uomo: sono Polonia (in aumento del +34,1%), Austria (+31,2%) e Belgio (+15,0%). Al di là della valutazione su come hanno performato rispetto al 2021 i principali mercati del menswear italiano, risulta altresì interessante il confronto con i livelli pre-pandemici. Nei primi nove mesi del 2022 le vendite complessive di moda uomo risultano aver superato del +17,1% (954,5 milioni di euro in più in termini assoluti) il valore del medesimo periodo di tre anni fa. Sgranando maggiormente l’analisi e guardando le singole destinazioni, si rileva, che tra i principali mercati solo due non hanno sorpassato i livelli pre-Covid: il Regno Unito, ancora al di sotto del -37,3%, e il Giappone (del -14,0%). Al contrario, sempre soffermando l’attenzione sui primi paesi di destinazione, tutti gli altri mercati hanno recuperato i valori pre-pandemia: in particolare, guardando ai primi tre sbocchi, si rileva per la Germania una crescita del +35,9%, per la Francia del +37,5% e per la Svizzera del +23,9%. Da segnalare anche le performance della Corea del Sud, che mostra un +82,5% rispetto al pre-Covid, e dei Paesi Bassi con un +45,2%.

L'andamento delle importazioni

Tornando al 2022, relativamente ai mercati di approvvigionamento, la Cina si conferma il top supplier di comparto con un’incidenza del 17,1%; a confronto con il medesimo periodo dell’anno 2021 mostra un notevole aumento, pari al +81,1%. Anche il Bangladesh, in seconda posizione, presenta un’importante variazione positiva (+77,4%). In terza posizione troviamo la Francia, in crescita del +16,6%; seguono poi i Paesi Bassi, tradizionale ingresso per merci di provenienza asiatica, che registrano una performance del +46,4%. Tutti gli altri principali mercati di approvvigionamento evidenziano delle dinamiche positive comprese tra il +23,0% della Tunisia in nona posizione e il +72,2% del Pakistan in undicesima. A confronto con i livelli pre-Covid 19, le importazioni risultano superiori del +21,0% (quasi 902 milioni di euro in più). Se si guarda alle performance per linea di prodotto, da gennaio a settembre 2022, si registrano delle decise variazioni positive sia lato export sia lato import. Focalizzandosi alle vendite oltreconfine, la camiceria maschile risulta best performer, sperimentando una crescita del +41,2%; le cravatte evidenziano una dinamica pari al +32,4%. Seguono il vestiario esterno, in aumento del +26,8%, la maglieria con un +23,7% e l’abbigliamento in pelle con un +23,0%. Rispetto ai livelli pre-pandemia, solo l’export di cravatte non ha recuperato le corrispondenti vendite (-37,9%); i restanti segmenti risultano tutti superiori, con ad esempio la maglieria esterna a +31,4% e l’abbigliamento in pelle a +22,3%. Nel caso delle forniture provenienti dall’estero, le importazioni di cravatte hanno registrato la dinamica migliore, incrementandosi del +66,2%; segue la confezione, in aumento del +50,4%; troviamo poi la camiceria e la maglieria uomo, che guadagnano ciascuna circa il +47%; infine l’abbigliamento in pelle registra un +17,0%. Consumi e distribuzione in Italia Passando all’analisi delle dinamiche che hanno caratterizzato il consumo sul mercato nazionale, con riferimento all’Autunno/Inverno, gli ultimi dati consuntivi disponibili ad oggi riguardano la stagione 2021-22, periodo questo che è stato inevitabilmente caratterizzato da significativi (e fisiologici) rimbalzi conseguenti le dinamiche decisamente penalizzanti registrate nell’analogo periodo dell’anno precedente (si ricordi caratterizzato dalla condizione di “secondo lockdown”). Secondo quanto rilevato da Sita Ricerca per conto di SMI, il Tessile-Abbigliamento nel suo complesso in tale periodo era stato caratterizzato da un vivace trend positivo, sia a valore (+21,4%) che a volume (+12,1%), sebbene tali variazioni fossero più contenute rispetto alla P/E 2021 (archiviatasi con +36,6% a valore e +29,5% a volume). Focalizzandosi sulla moda maschile, da settembre 2021 a febbraio 2022 il comparto nel suo complesso aveva archiviato una variazione positiva a doppia cifra, pari al +31,4%. Le singole merceologie presentano tutte un aumento dei consumi double-digit: la confezione maschile (che copre il 54,2% del sell-out settoriale) era cresciuta nella misura del +30,1%; la maglieria esterna (che rappresenta il 27,2% dei consumi) aveva guadagnato il +29,8%. Le vendite di camiceria e di confezioni in pelle avevano entrambe registrato un aumento sopra la media di comparto, pari rispettivamente al +38,6% e al +32,3%, pur con quote molto diverse, 16,5% le prime 1,1% le seconde. Le cravatte, minoritarie in termini di quota sul totale mercato (1%), avevano accusato una variazione positiva del +30,7%. Dall’analisi delle dinamiche relative ai volumi emerge un quadro altrettanto positivo. I volumi venduti di abbigliamento e maglieria maschile erano cresciuti del +21,9% e del +24,5% rispetto ai volumi della precedente A/I. Camiceria maschile e cravatte avevano registrano crescite al di sopra del +30%, guadagnando rispettivamente il +33,6% e il +30,3%. Infine, la confezione in pelle aveva fatto segnare una variazione del +29,8%. Nel medesimo periodo, relativamente alla distribuzione, come illustrato nella Fig. 2.3, le catene si erano confermate il canale con la maggior quota di mercato (40,1% a valore), seguite dal dettaglio indipendente (24,1%) e dalla GDO (20,7%). Il canale digitale era, invece, sceso all’8,7%; del resto nell’A/I 2021-22, dopo molte stagioni in continua crescita, l’unico format interessato da dinamiche di segno negativo era stato proprio l’e-commerce, in calo del -13,2%. Di contro, gli altri principali canali hanno mostrato crescite di rilievo: le catene registrano un +23,8%, il dettaglio indipendente un +59,2% e la GDO un +35,2%. Ambulante e outlet/negozio stokkista hanno evidenziato entrambi aumenti superiori all’80%.