Metalmeccanica su, ma il futuro è incerto

Metalmeccanica su, ma il futuro è incerto

Metalmeccanica su, ma il futuro è incerto

CHIUDE IN POSITIVO la produzione metalmeccanica 2021, nonostante la forte frenata della fase espansiva nella parte finale dell’anno: a pesare sull’andamento dei volumi sia nel terzo che nel quarto trimestre soprattutto il rallentamento dei comparto auto che registra risultati fortemente negativi con un calo di oltre 13 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del 2020 e un decremento, seppure più contenuto del comparto ‘Altri mezzi di trasporto’ che, nello stesso periodo, è risultato pari al -2,4%. È la 161esima indagine congiunturale di Federmeccanica (nella foto in basso il presidente, Federico Visentin) a dare il polso della industria metalmeccanica che, appunto, nel trimestre ottobre-dicembre, ha registrato un calo dei volumi di produzione dell’1,8% rispetto al terzo, mentre la variazione positiva rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente si è ridotta all’1,2% dopo il +6,4% del trimestre estivo. Eppure il miglioramento produttivo registrato nel 2021 è statopiù accentuato di quelli registrati nei principali paesi della Ue. Se in Italia, infatti, la produzione metalmeccanica è ritornata ai livelli pre-pandemici, in Francia e Germania i volumi sono ancora sotto il ivello ante Covid di circa 10 punti percentuali.

Il recupero italiano nel 2021, oltre che da un miglioramento della domanda interna, è stato favorito da una marcata ripresa dell’export il cui valore mediamente è cresciuto del 18,4% sul 2020. Ma la flessione registrata nell’ultima parte dell’anno guarda ad un futuro molto difficile. Pesano le conseguenze economiche del conflitto Russia-Ucraina che ha inasprito la spirale dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime, con sanzioni che avranno contraccolpi sull’economia mondiale. Il sentiment che arriva della imprese infatti disegna un contesto di incertezza e timori legati: il 94% delle imprese, secondo le ultime indagini Federmeccanica, ha registrato ulteriori rincari dei prezzi delle materie prime; è salita invece al 77% la percentuale di chi ha dichiarato difficoltà di approvvigionamento, mentre si è leggermente ridotta (24%) la quota di aziende che corre il rischio di dover interrompere l’attività produttiva.