La rivoluzione digitale sfila in passerella

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LA MODA ITALIANA sta reagendo con vigore alla pesante crisi degli ultimi anni: nel 2022 ha registrato una crescita della produzione dell’8%, a fronte del più 0,7% della media della manifattura. Contribuiscono a questo recupero 52mila piccole imprese con 295mila addetti che rappresentano due terzi degli occupati del settore, realizzano un fatturato di 37,2 miliardi di euro e un valore aggiunto di 8,2. Secondo i dati di Confartigianato - la più grande rete europea di rappresentanza degli interessi e di erogazione di servizi all’artigianato e alle piccole imprese che associa 700mila imprese appartenenti a decine di settori diversi e nelle quali convivono la tradizione di mestieri antichi e l’innovazione - le piccole imprese della moda sono anche tra i comparti che incontrano maggiori difficoltà a trovare manodopera qualificata. Nel 2022, su circa centomila assunzioni previste, ben 43.700 sono risultate di difficile reperimento.

"La formazione, il collegamento tra mondo della scuola e mondo delle imprese – sottolinea il presidente di Confartigianato Marco Granelli (nella foto) – sono fondamentali per offrire opportunità di occupazione alle nuove generazioni e colmare il gap tra domanda e offerta di lavoro nel mondo della moda". Settore che è tra i più attivi sul fronte della sostenibilità. E’ ancora il presidente di Confartigianato a indicare l’impegno dei piccoli imprenditori della moda sui temi dell’economia circolare e dell’innovazione. "In questi campi – spiega Granelli – possiamo vantare molte esperienze. Come le nostre imprese del distretto tessile di Prato che realizzano l’eco-cashmere, o cashmere rigenerato, un filato a basso impatto ambientale, realizzato seguendo i principi dell’economia circolare, dando appunto nuova vita alla fibra. Alla fine rinasce un prodotto che unisce la storia e la tradizione della lavorazione artigianale su tessuti pregiati e l’alta qualità della maglieria made in Italy".

Alcune imprese, in particolare, portano avanti il progetto #Finoafinefilo, scaturito dal rifiuto dello spreco e dall’impegno nel riciclo, utilizzando scarti di produzione per realizzare oggetti unici fatti a mano. L’impegno delle aziende nella sostenibilità si concretizza anche con l’adesione al Cobat Tessile, il consorzio volontario per la raccolta, il trattamento e l’avvio a recupero di prodotti tessili giunti a fine vita. Sull’onda della riscoperta del vintage e della sensibilità dei consumatori per una moda ‘green’, Confartigianato accompagna anche gli imprenditori nelle nuove tendenze produttive come l’upcycling, il riciclo creativo di abiti e accessori che, da fenomeno di nicchia, si sta trasformando in una strategia economica innovativa per le sartorie e i produttori artigiani. L’upcycling significa realizzare abiti e accessori partendo dall’esistente, che si tratti di un abito finito, di stock di magazzino, di pezzi datati o di tessuti e materie prime inutilizzate. A tessere per loro una nuova vita sono designer, sarti, stilisti che li ibridano, li mixano, ne ripensano i volumi e le proporzioni, ispirati dalla possibilità di creare pezzi unici e irripetibili e, al tempo stesso, di avviare il proprio percorso creativo verso una strada sempre più sostenibile e rispettosa dell’ambiente e delle persone.

Dal recupero del passato alle armi più innovative, la moda italiana trova così nuove strade per portare nel mondo l’eccellenza delle proprie produzioni. La rivoluzione digitale ha coinvolto in pieno anche gli artigiani e le piccole imprese di questo settore che usano le tecnologie come la stampa 3D, la robotica, l’Internet delle Cose e la realtà aumentata. Con l’esempio, cita sempre il presidente Granelli, dei maestri calzaturieri che, senza muoversi dal proprio laboratorio in Italia, grazie al foot scanner, realizzano scarpe su misura che calzano a pennello per clienti distanti migliaia di chilometri in tutto il mondo.