"La guerra ha innescato la richiesta di bunker antiatomici"

Giulio Cavicchioli, 56 anni, imprenditore

Giulio Cavicchioli, 56 anni, imprenditore

È BASTATA una sola parola, nucleare, a rinfocolare paure mai sopite e angosce per il futuro. E a rimettere in moto il mercato della sicurezza. Era successo all’inizio della pandemia, accade ora con la guerra in Ucraina. E ogni giorno che passa cresce la richiesta di sistemi di protezione ‘formato famiglia’ , quindi di bunker.

Che succede nel settore dei rifugi antiatomici, una nicchia si fa sempre più larga?

"Nei primi cinque giorni dallo scoppio della crisi russo-ucraina – risponde Giulio Cavicchioli, 56 anni, imprenditore nel business della sicurezza e titolare della M. En (Minus Energie) con sede a Bagnolo San Vito, nel Mantovano – ho ricevuto oltre 200 telefonate di richiesta di informazioni, cosa mai successa in vent’anni. Adesso le richieste sono triplicate e continuano ad aumentare. E poi sono rimasto completamente spiazzato dall’interesse dei media".

Cioè?

"Mi hanno chiamato in tanti; network radiofonici nazionali, tante reti televisive e programmi di prima serata, è arrivato qui persino il New York Times, che ha pubblicato un articolo per la sua edizione europea e uno per quella americana. Noi siamo una piccola realtà, e io non riesco a star dietro a tutte le richieste".

L’interesse è davvero tanto, mediatico e no, ma quante sono le costruzioni effettivamente ordinate?

"Molte delle richieste che mi hanno intasato il centralino sono dettate dall’emotività. Non tutte però: tre delle prime telefonate si sono concretizzate, per una quarta mi hanno fatto un bonifico sulla parola. Non ci credevo. Ora ho una decina di ordini in corso, ma se potessi ne farei ancora di più".

Da dove arrivano i suoi clienti? Ci sono altri concorrenti in questo tipo di edilizia specializzata?

"La clientela si è estesa: le prime telefonate sono arrivate da Roma e dalla Lombardia. Oggi mi chiamano da mezza Italia: Emilia-Romagna, Piemonte, qualcuno dal Veneto, gli ultimi da Napoli e dalla Sicilia. Non credo che in Italia esistano aziende come la mia, di certo però di bunker se ne fanno. Io ho prodotti che in genere non interessano i supervip, i miliardari, ma certamente nella fascia più ricca molti hanno dotato la casa di un rifugio antibomba".

Quanto tempo ci vuole a progettare e costruire un bunker?

"Diciamo che serve un mese per la gettata di cemento e un altro mese per il montaggio completo. Tutto però dipende dalla velocità nel rilascio delle autorizzazioni. Di massima in due mesi arrivano ma in qualche caso – come mi è capitato recentemente a Milano – ce ne sono voluti quasi nove".

Come è stata la sua scelta di costruire rifugi antiatomici? Da quando siete sul mercato?

"La mia azienda, nata nel 1987, originariamente si occupava impianti di areazione estremamente sofisticati e costosi di costruzione svizzera. Li produce la ‘7Air’ e sono un po’ le Rolls-Royce del settore. Dal 2000 in poi ha iniziato a costruire rifugi blindati, anche in questo caso seguendo le solide tradizioni della Confederazione Elvetica, dove da molti anni i rifugi sono obbligatori per le nuove costruzioni".

Che garanzie ha un cliente sulla efficacia delle protezioni e la funzionalità del bunker?

"In Italia non esiste una normativa. Noi ci atteniamo a quelle dettate dalla Protezione civile svizzera".

In concreto che cosa significa?

"Il progetto prevede l’uso di cemento armato particolarmente robusto e una gabbia d’acciaio con tondini maggiorati in modo da realizzare un monoblocco non lesionabile: è più probabile che si cappotti, piuttosto che si apra. L’areazione, poi, deve essere tra le più potenti e affidabili reperibili sul mercato, quindi noi usiamo i condizionatori della ‘7Air’".

La riservatezza è molto importante?

"Assolutamente sì. Tutti o quasi temono che, in caso di bisogno, qualcuno venga a bussare alla porta. C’è chi non racconta del bunker nemmeno ai fratelli e alle sorelle, figuriamoci agli amici o ai vicini. Qualcuno poi teme di attirare l’attenzione e diventare un obiettivo per i malintenzionati. Insomma la riservatezza è tutto".

Un’ultima curiosità. Lei ha una compagna e due figli di 8 e 5 anni. Si è già costruito un bunker per la sua famiglia?

"No per il momento, ma ci sto pensando molto seriamente. Aggiungo però che, per le ragioni di privacy di cui parlavo prima, non so se lo direi in giro".