Giovedì 25 Aprile 2024

"Il mondo è più rischioso, fiducia nelle eccellenze italiane"

Giovanni Andrea Toselli

Giovanni Andrea Toselli

È UN’ORGANIZZAZIONE di servizi professionali italiana. Professionisti impegnati a garantire qualità nei servizi di revisione, di consulenza strategica, organizzativa, legale e fiscale alle imprese con un approccio integrato e multidisciplinare. Fa parte di un network internazionale che conta oltre 295mila professionisti in 156 Paesi. In pratica, PwC è quella che Giovanni Andrea Toselli (nella foto sopra) definisce "un’organizzazione multi-competenziale" che ha come obiettivo creare fiducia nella società e risolvere problematiche importanti con l’approccio del consulente che, affiancando l’azienda, ha la possibilità di cogliere ciò che può aiutarla ad implementare i processi e quindi definire e raggiungere gli obiettivi di chi la guida dall’interno. E "in un mondo sempre più complicato, dove oggi sono tornati con forza a farsi sentire anche i rischi legati alla geopolitica, essere partner delle imprese significa innanzitutto aiutare gli imprenditori a capire meglio la complessità del mercato e guidarli nelle scelte".

Giovanni Andrea Toselli, laurea in Economia aziendale all’Università Bocconi, dottore commercialista e revisore legale, è in PwC Italia da 32 anni e, dal luglio del 2018, ne è diventato presidente e amministratore delegato. A capo di un’organizzazione che nel nostro Paese è in costante sviluppo e conta più di 6mila clienti – dalle grandi alle piccole imprese -, circa 7200 persone (tra cui 250 soci) con un’età media complessiva di 31 anni. Il 50% attiva nella sede di Milano, la Torre PwC a City Life, il 25% nello storico quartiere della Garbatella a Roma e le altre nelle 22 città italiane (24 con Milano e Roma) in cui hanno sede gli uffici.

Qual è la forza di PwC?

"Quella di saper abbinare la conoscenza dei mercati a un’organizzazione di respiro globale ma ben radicata sul territorio nazionale, per dare risposte innovative e di qualità a problematiche complesse, perseguendo il Purpose "To build trust in society and solve important problems". Un ruolo aperto a costanti nuovi ingressi di giovani professionisti".

È vero che nell’ultimo anno ci sono stati circa 3mila nuovi arrivi?

"Vero, si è trattato di un anno particolarmente significativo con l’ingresso di tantissimi nuovi colleghi. Comunque nelle organizzazioni come la nostra è naturale un certo turn over".

Significa che chi entra in PwC poi se ne va dopo pochi anni?

"Questo può accadere per una parte perché PwC fa parte delle grandi realtà, in termini di servizi offerti alle imprese e, chi entra da noi in particolare, entra a far parte di un Academy in cui è previsto un percorso di formazione strutturata e continua. Formazione che prende vita anche sul campo nella logica del lavoro in team, con i senior che insegnano e forniscono la loro esperienza alle risorse junior. Si formano così professionisti che, potendo inserire nel proprio curriculum un’esperienza in PwC, sono fortemente ricercati all’esterno. Se si analizzano le statistiche, sono davvero pochi gli ex-colleghi che oggi non ricoprono posizioni prestigiose o che non abbiano sviluppato un percorso professionale di rispetto".

Lei invece è rimasto?

"Si. La forza della nostra organizzazione è quella di prevedere anche una crescita interna fino alla possibilità di diventare soci. Quindi i professionisti più senior divengono i proprietari dell’organizzazione ed acquisiscono una quota che, alla fine del percorso in PwC, viene ceduta secondo un meccanismo a beneficio delle generazioni entranti".

PwC ha un’importante sede a Monza. Perché un imprenditore brianzolo, come si sa attento a come vengono spesi i soldi, dovrebbe avvalersi dei servizi offerti da un vostro professionista?

"Perché da sempre, e specialmente nella fase delicata che stiamo vivendo, un consulente esperto, in grado di leggere i numeri reali di un’azienda, è utile sia all’imprenditore sia al mercato dei capitali per valutare eventualmente di investire nell’impresa. Ed è utile anche, e soprattutto, nelle scelte strategiche. Rappresenta indubbiamente una grande opportunità".

Opportunità che va colta anche in questi anni difficili, prima la pandemia e adesso l’ Ucraina?

"Io guardo all’Italia e alle sue aziende con l’ottica del bicchiere mezzo pieno. Il nostro Paese, per fortuna, dispone di molte aziende eccellenti. Risorse e capacità ci sono ma, indipendentemente da quando e come finirà la guerra, il mondo è cambiato".

In che senso?

"Siamo di fronte alla corsa dell’inflazione e ad un aumento del costo del denaro, e quindi dei finanziamenti. Il futuro, però, non sarà quello di soffrire la mancanza di liquidità, quanto di avere una prospettiva reale di un rallentamento inevitabile dell’internazionalizzazione. E quindi un’accelerazione del reshoring, il rientro a casa delle produzioni per metterle al sicuro dai rischi geopolitici. Questo comporterà, però, la ridefinizione delle filiere produttive. E in questo scenario la consulenza rappresenta un valore aggiunto".

La consulenza della persona deve oggi fare i conti anche con quella delle macchine, ovvero della tecnologia?

"Non c’è dubbio che la tecnologia sia sempre più centrale nei meccanismi produttivi. E anche noi abbiamo investito moltissimo in tecnologia e digitalizzazione, ma senza mai dimenticare che al primo posto resta il capitale umano".

Quindi non vede la tecnologia come un nemico dell’occupazione?

"Affatto. Le potrei fare mille esempi. Nel ridisegnare i nostri progetti interni, abbiamo investito in diversi software che ci consentano di ottimizzare il tempo delle nostre persone, che non sono più chiamate a gestire lavori ripetitivi. Questo consente ai colleghi di utilizzare le proprie capacità analitiche per studiare come efficientare i servizi ed essere portatori di innovazione".

Quindi?

"Quindi la digitalizzazione deve servire per togliere le persone dai processi esecutivi e ripetitivi e liberare risorse per impieghi a maggior valore aggiunto favorendo la produttività del sistema".