Martedì 23 Aprile 2024

I cento anni dell’Agraria Batta e l’olio premiato da un Oscar

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"È QUESTA CONCA ripiena di tanti frutti, di tanti olivi, di tante vigne… che possiamo ben dire questo essere il Paradiso terrestre...". Così Cipriano Piccolpasso, scrittore e cartografo perugino, descriveva già nel XVI secolo la zona di San Girolamo, tra Perugia e Ponte San Giovanni. Un’area verde e incontaminata che da allora non ha perso la sua magia, anzi. In questi luoghi infatti dal 1923 l’Azienda agraria biologica Batta coltiva gli olivi secondo i principi dell’ecosostenibilità e produce, in particolare, un olio extravergine biologico (di cui una parte certificata Dop), che è tra i più premiati d’Italia, e non solo. Pochi giorni fa infatti è arrivato anche quello che a tutti gli effetti può essere considerato l’Oscar dell’olio evo: il Premio Flos Olei come miglior olio del 2023. Batta entra così nella prestigiosa guida internazionale (tradotta perfino in cinese) di Marco Reggia. "Del resto – sottolinea Giovanni Batta (in foto, con la moglie Giuliana), 82 anni, nipote del fondatore di cui porta il nome – si può parlare di olio extravergine solo quando le olive non vengono trattate con agenti chimici, pesticidi e fertilizzanti e la lavorazione avviene solamente per procedimenti meccanici".

Il colpo d’occhio sulle 3 mila e 700 piante di olivo coltivate su 14 ettari di terreni contribuiscono, ma non bastano, a spiegare l’eccelsa qualità dell’olio extravergine che qui viene prodotto e che nasce dalle varietà Leccino, Frantoio e Dolce Agogia presente dal 1700. "Ci vogliono anche – confida l’imprenditore davanti al più fiero testimone dell’attività di famiglia: un olivo di oltre 700 anni – l’entusiasmo e una sincera passione".

Per comprendere appieno la lunga storia di successi di questa famiglia di produttori di olio bisogna entrare in un mondo che profuma di olive fresche, sapori semplici e prodotti genuini. "È proprio qui – racconta Batta – che mio nonno Giovanni creò questa piccola azienda familiare sin da allora più orientata all’olivicoltura. Prima aveva fatto l’imprenditore edile stradale e prima ancora era stato un abilissimo scalpellino delle cui capacità si erano avvalsi anche i nobili della famiglia Baldeschi di Pontevalleceppi. L’asma e la perdita di mia nonna lo indussero però a lasciare il settore delle costruzioni (dopo la guerra tra l’altro era diventata un’attività molto pericolosa per via dei tanti residuati bellici), e a investire nella terra. Mio padre, Gregorio, gli dava una mano. Le prime bottiglie di olio indussero entrambi a creare nel 1949 anche il frantoio. Di lì la vocazione produttiva non è più cambiata. Tanto che alla loro morte – anche mio padre ci lasciò presto, nel ’64 – a gestire e portare avanti la produzione fu con grandi capacità mia madre Lidia. A lei poi sono subentrato io insieme a mia moglie Giuliana, che ancora oggi si occupa del Commerciale e delle Public relations".

Via tutte le altre produzioni agricole per specializzarsi nell’olivicoltura?

"Esatto. Per fare un prodotto di eccellenza bisognava evitare di disperdere energie e concentrarsi sulle migliori varietà di olive".

Già le varietà...

"L’oliva tipica di Perugia è la Dolce Agogia. Un frutto che si matura presto e che va trattato con cura perché rischia di ammaccarsi. Seguire con attenzione tutte le varie fasi, soprattutto la raccolta, è sempre stato fondamentale. Così come fondamentale è stata la sinergia con l’università di Agraria e il Cnr per puntare non solo alla quantità ma soprattutto alla qualità utilizzando anche tecniche conservative del frutto che impedissero la creazione di muffe prima della lavorazione. Come? Utilizzando delle casse arieggiate da cannine del lago Trasimeno dove venivano appoggiate le olive".

In questa tenuta, dove tutto parla di amore e rispetto per la natura, Giovanni Batta ha anche creato un piccolo museo.

"Per far vedere a clienti e visitatori quanta fatica e quanta passione servono per fare dell’olio davvero buono. Le insidie? Tante. A cominciare dalle gelate. O i parassiti. Non tutte le stagioni sono generose. Ma io sono nato e cresciuto qui, respiro quest’aria e questi profumi. Amo il lavoro che faccio. Ogni pianta che cresce per me è come un figlio. Va curata, seguita passo, passo".

Tutto bello insomma.

"Nì. Questo è un momento difficile, i costi stanno lievitando. La manodopera che ci serve richiede competenze specifiche. La potatura è una cosa molto delicata. I giovani? Non hanno tanta voglia di fare questo lavoro, che è per lo più stagionale. Preferiscono il posto fisso, ma proviamo a coinvolgerli a far capire loro la grande forza della terra e il rispetto per la natura”.

Ma la raccolta ora è facilitata.

"Sì, ci sono degli agevolatori ma resta necessario l’utilizzo delle mani per evitare di battere troppo le olive e rischiare di ammaccarle. Meglio lo scuotitore che fa vibrare il tronco senza danneggiare pianta e olive. Il risultato è un olio molto profumato, un fruttato medio intenso, perfetto sul pesce di lago, sulle verdure a crudo. Ma la vera esaltazione del sapore è sulle minestre: pasta e ceci o legumi in genere. Ovviamente un classico per la degustazione resta la bruschetta con pane sciapo e pochissimo sale".

La produzione?

"Circa 350 quintali all’anno. Ma ci sono anni in cui il meteo avverso fa diventare tutto difficile. E questo demoralizza".

Il futuro?

"Non avendo avuto figli è riposto nei nipoti. Qualcuno nel Dna sembra avere la stessa passione. Vede? – dice mostrando una bottiglia – questa etichetta sembra ’antica’ ma non la cambio: sa perché? Racconta la lunga storia che c’è dietro la nostra impresa e anche quella dei terreni su cui sorge".