Guerra in Ucraina: allarme per inflazione e alimentari

Guerra in Ucraina: allarme per inflazione e alimentari

Guerra in Ucraina: allarme per inflazione e alimentari

LA GUERRA ha già sconvolto il mondo. Ora rischia di affamarlo. I prezzi di grano e mais sono infatti schizzati alle stelle, con rincari che non si vedevano da anni. E questo, oltre ad essere benzina sul già fiammante fuoco dell’inflazione, può avere un pesante impatto sulla sicurezza alimentare in molti paesi – visto che da queste materie prime si ricava pane, pasta e mangime per bestiame – causando instabilità politica nelle aree più povere e provocando un pericoloso effetto domino a livello internazionale. Russia e Ucraina valgono da sole quasi un terzo del commercio mondiale di questo settore e, con 42 milioni di ettari di terreni agricoli che coprono il 70% del paese, proprio l’Ucraina viene da sempre definita il granaio d’Europa. Ma, a ben vedere, rifornisce copiosamente anche Medio Oriente e paesi africani. Kiev nel 2021 ha esportato 28 miliardi di prodotti agricoli (quasi il 25% in più del 2020), con quote rilevanti sul totale del pianeta: il 12% dell’export globale di grano, 16% di mais, 18% di orzo, 19% di colza.

Insomma, non è cruciale solo come terra di passaggio del gas e come zona di confine tra sfere di influenza, ma anche come fornitore di cibo al mondo. Purtroppo, prima ancora di verificare se, e in quali condizioni, potrà essere effettuato il prossimo raccolto, i prezzi sono già schizzati alle stelle e le conseguenze si fanno sentire. Nella sola giornata dell’attacco (24 febbraio), le quotazioni del grano sono balzate del 5,7%. In alcuni casi si registrano aumenti del 30%. I futures scambiati a Chicago sono passati dai 761 dollari a bushel (unità di misura anglosassone pari a circa 34 litri) di gennaio ai 1.134 dollari attuali, cioè +49% in circa un mese. I futures rappresentano una indicazione, e non una certezza, di cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi, ma ciò non toglie che ci siano sufficienti ragioni per essere preoccupati. L’Italia, che compra da Kiev il 7% del grano e il 20% del mais che consuma, si ritrova prezzi che sono ai massimi dal 2008. Per esempio, il grano duro è aumentato di circa il 10%, ma con aspettative di incrementi doppi, mentre quello tenero è passato da 274 a 310 euro a tonnellata in una sola settimana di guerra (+13%). Così le industrie di pane e pasta hanno lanciato l’allarme scorte, mentre gli allevamenti di animali che utilizzano il mais sono in crisi.

Questi rincari potrebbero ulteriormente spingere l’inflazione fino a toccare e superare il 6%. Soprattutto, se si dovesse arrivare a uno stop della coltivazione e della raccolta a causa del conflitto, l’effetto sarebbe deflagrante. In particolare, in alcune zone del mondo. Se l’Italia, infatti, importa dall’Ucraina il 5% del fabbisogno, altrove il discorso è diverso. La maggiore parte dei paesi del Medio Oriente e del Nordafrica teme per il suo principale mezzo di sussistenza, il pane, che viene consumato in quantità triple rispetto a ciò che avviene in Europa e Stati Uniti. E lo scenario da incubo è che si possano ricreare le condizioni che nel 2011 hanno innescato la Primavera Araba, scatenate proprio da un forte balzo dei prezzi dei generi alimentari. Se consideriamo che secondo l’Onu nel 2020 i prezzi alimentari sono aumentati del 28%, lo scenario non sembra remoto. Per questo nel mondo arabo si descrivono già da settimane scenari catastrofici per le ‘guerre del pane’. Se aggiungiamo gli effetti del cambiamento climatico e ondate di siccità che rendono difficili le coltivazioni, c’è il rischio che molte popolazioni si ritrovino alla fame. Con effetti imprevedibili. Dalla guerra in Ucraina, per fame, si potrebbe scatenare un pericoloso effetto domino fino al Medio Oriente e all’Africa. Occhio.

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