Giovedì 18 Aprile 2024

Frena la locomotiva tedesca? Made in Italy a rischio stop

Frena la locomotiva tedesca? Made in Italy a rischio stop

Frena la locomotiva tedesca? Made in Italy a rischio stop

SE LA GUERRA IN UCRAINA ferma la locomotiva d’Europa, cioè l’economia tedesca, deraglia tutto il convoglio? La Germania, con filiere industriali altamente interconnesse e un corposo volume di scambi commerciali da e per l’estero, è infatti un traino per tutto il Vecchio Continente. E lo è in particolar modo per il malmesso vagone italiano che, con 66 miliardi di export contabilizzati lo scorso anno, trova nel mercato tedesco il primo cliente delle nostre merci. Purtroppo i dati che arrivano da Berlino non sono incoraggianti. Secondo Destatis, l’Istat tedesco, nel quarto trimestre del 2021 il pil è sceso dello 0,7% rispetto ai tre mesi precedenti, quattro decimali in più delle previsioni. Il consuntivo dello scorso anno si ferma così a +2,7%: un rimbalzino che, dopo il 4,6% perso nel 2020 pandemico, lascia l’economia tedesca ancora due punti sotto i livelli del 2019. Insomma, la Germania stava rallentando già prima del conflitto.

L’Fmi a gennaio aveva ridotto le stime per il 2022 da +4,6% a +3,8%. Poi la tragedia della guerra ha reso le prospettive più fosche: secondo l’istituto di ricerca Ifo per il 2022 le stime scendono da un +3,7 ad un range tra +2,2% e +3,1%, mentre l’autorevole think tank ‘Kiel Institute for the World Economy’ scende fino a +2,1%. Di fatto, un dimezzamento. Ma se il conflitto dovesse prolungarsi o peggiorare, o se non dovesse arrivare più il gas dalla Russia (scenario in cui il Pil tedesco calerebbe del 3% in 18 mesi), potrebbe andare anche molto peggio. Tanto che il livello di fiducia dei consumatori germanici è crollato all’1,3% dal 4,3% di gennaio. Anche perché a terrorizzarli è l’inflazione, la cosa che dai tempi di Weimar spaventa di più: a marzo ha raggiunto il 7,3%, livello record dalla Riunificazione in poi. E questa negatività rimbalza anche in Italia. Ai risaputi problemi che coinvolgono tutti – inflazione verso il 6%, carenza di materie prime, crisi energetica e adesso l’incertezza della guerra – noi dobbiamo aggiungere quelli per il nostro export. D’altra parte, l’Italia commercia più con la Baviera che con l’intera Polonia e la Germania più con la sola Lombardia che con tutta la Turchia. Ora, agroalimentare e bevande italiani nel 2021 hanno venduto 8,3 miliardi di merci in quel paese, per cui se frenano i consumi tedeschi potrebbe essere un guaio. Ma ben più grave potrebbe essere uno stop della loro industria, di cui siamo fornitori primari di macchinari, componenti e semilavorati.

Negli ultimi anni la Germania è diventata un hub della produzione europea, capace di importare beni intermedi, trasformarli, e successivamente esportarli. Pertanto, negli ingenti flussi di merci tedesche verso paesi extraeuropei è incorporata anche una parte, non secondaria, di valore aggiunto italiano. Più che un concorrente, dunque, Berlino è un alleato. Per cui se stanno male loro, i primi a dover essere preoccupati siamo noi. Il manifatturiero teutonico nel suo complesso è ancora di 6 punti inferiore ai livelli ante-Covid, ma ora diversi comparti si stanno bloccando del tutto. Prima di tutto l’automotive. Non dobbiamo dimenticare che ogni frenata della locomotiva tedesca provoca un rallentamento di tutti gli altri, prima di tutto per il nostro manifatturiero. Non sarà un caso che già prima della guerra la produzione industriale perdeva lo 0,3% a febbraio dopo lo -0,8% di gennaio. Lo scorso autunno le previsioni per il 2022 prevedevano +4,2%. Ora siamo scesi a meno del 3%. Una brusca frenata. Speriamo non si debba rallentare ancora, ma certo senza il traino della Germania…

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