Martedì 23 Aprile 2024

"Ecco perché I tappi di Pelliconi sbarcano in Brasile"

"Ecco perché i tappi di Pelliconi sbarcano in Brasile"

"Ecco perché i tappi di Pelliconi sbarcano in Brasile"

IL COLOSSO DEI TAPPI sbarca in Brasile. Pelliconi, azienda leader di Ozzano dell’Emilia, nel bolognese, ha un fatturato di 190 milioni di euro, 600 dipendenti, una produzione di 32 miliardi di tappi all’anno e una vocazione all’export sempre più marcata, nonostante pandemia, guerra e caro-energia. "Entro l’anno dopo Stati Uniti, Egitto e Cina, saremo presenti anche in Brasile", conferma l’amministratore delegato Marco Checchi (nella foto).

Per voi sarebbe il settimo stabilimento?

"Sì. Ne abbiamo due in Italia a Ozzano e Atessa (Chieti), uno negli Stati Uniti e uno in Egitto; due in Cina. Ma già da quando siamo nati, nel 1939, guardavamo all’estero. Dopo la fine della guerra, infatti, Pelliconi pensò subito a esportare il proprio prodotto nei Paesi vicini: Austria, Francia e Germania. L’export ce l’abbiamo nel Dna...".

Quanto vale l’export per Pelliconi?

"Dagli anni Ottanta rappresenta il 92 per cento della nostra produzione. Abbiamo sempre meno clienti, ma sempre più importanti: la Coca-Cola in Egitto, la Nestlè negli Stati Uniti, la danese Carlsberg in Cina. E noi li abbiamo seguiti con i nostri stabilimenti. Lo stesso faremo in Brasile dove seguiremo lo stesso modello con una sede di circa 40 dipendenti e due linee di produzione".

Perché il Brasile?

"Visto che facciamo tappi, guardiamo il numero di abitanti di un determinato Paese. Tutti, del resto, devono bere… E poi il Brasile consuma anche tanta birra, quindi per noi è un mercato importante".

Prima il Covid, oggi la guerra in Ucraina. Come state affrontando queste crisi?

"Diciamo che abbiamo cercato di imparare qualcosa. Quando c’è una difficoltà è fondamentale che un’azienda sia in grado di rispondere velocemente, riuscendo a cambiare il modo di lavorare, prendendo decisioni senza attendere troppo. Con la pandemia, intanto, rispetto ad altri siamo stati avvantaggiati: essendo un’impresa della filiera alimentare non abbiamo mai fermato la produzione, ma siamo stati costretti a imparare da questa emergenza, modificando rapidamente il modo di lavorare. Oggi, ci sono nuovi ostacoli: la scarsità delle materie prime e il caro-energia".

Senza materie prime è dura...

"Quando la Cina ha chiuso le frontiere, abbiamo dovuto riorganizzare la catena di fornitura, comprando il materiale dall’ex Ilva o da Francia, Germania e paesi extra Ue. Non siamo mai rimasti senza acciaio, ma i prezzi sono più alti, anche dell’80 per cento. Li abbiamo, però, ribaltati sui nostri clienti che, consapevoli della situazione, hanno accettato il rincaro e noi abbiamo sempre consegnato regolarmente".

Come state, invece, reagendo al caro-energia?

"Non è facile. Le bollette sono altissime, anche a causa di grossissime speculazioni. Avevamo calcolato 3 milioni di euro in più per luce e gas, ma credo che arriveremo a 5 milioni per il 2022".

Cinque milioni che pesano sul bilancio?

"Il nostro fatturato 2021 è stato attorno ai 190 milioni di euro e avevamo previsto per quest’anno di arrivare a 250 milioni, ma credo che non ce la faremo".

I consumi energetici riguardano soprattutto gli stabilimenti italiani?

"Sì. Oltre il 70 per cento dei consumi di energia elettrica e gas naturale è legato alla produzione degli stabilimenti italiani di Ozzano e Atessa; ne consegue che gran parte delle emissioni legate alla produzione del Gruppo è legata a essi. Le emissioni vengono costantemente monitorate (così come vengono monitorate quelle legate agli altri stabilimenti), e da quest’anno tale controllo ricomprende anche i veicoli di proprietà. In questo modo sarà più facile migliorare i relativi impatti nel prossimo futuro, coerentemente ai valori ambientali del nostro gruppo".

Fermerete gli investimenti?

"No. Da tipica azienda famigliare siamo imprenditori abituati a fare sacrifici, a rinunciare a profitti sul presente per essere più forti nel futuro. Questo in aziende guidate da gruppi solo finanziari non sempre accade…".

Vi quoterete in Borsa?

"Mi piacerebbe, ma non è ancora il momento. Dobbiamo avere una taglia più grande".

Visto che guarda al futuro, come risolvere la crisi energetica?

"Intanto, bisognerebbe che l’Arera (l’Autorità di regolazione per Energia reti e ambiente) tenesse sotto controllo le speculazioni e che l’Italia facesse un piano energetico nazionale che non ha mai avuto. La colpa? La miopia dei politici che continuano a inseguire gli elettori a discapito del bene del Paese. Per il resto, la parola chiave per tutti dev’essere sostenibilità".

Per Pelliconi che cosa significa?

"Avere un bilancio di sostenibilità già dal 2010 e un’idea per il futuro. Che non significa installare qualche pannello fotovoltaico che risolva il problema solo per il 3-4 per cento dell’energia che uso, ma puntare tutto sulla trigenerazione. In pratica, da una stessa fonte energetica riusciremo a produrre energia elettrica, termica e frigorifera".

Qualche esempio di comportamento virtuoso da un punto di vista ambientale?

"Circa la metà in peso degli imballaggi in cartone monouso con cui confezioniamo e spediamo i nostri prodotti è composto da materiale riciclato, per minimizzare gli impatti ambientali. Laddove possibile, sono disponibili anche contenitori metallici riutilizzabili a rendere".