Giovedì 18 Aprile 2024

"Cinema, una crisi virulenta Pochi film e incassi magri"

"Cinema, una crisi virulenta Pochi film e incassi magri"

"Cinema, una crisi virulenta Pochi film e incassi magri"

GIAN LUCA FARINELLI come stanno le nostre sale?

"Se devo parlare del cinema Lumière di Bologna, che fa capo alla Cineteca, devo dire che è un caso molto particolare perché si può lavorare su un certo pubblico, come particolare e unica è la situazione del cinema in Emilia-Romagna che vanta sale molto moderne quali l’Odeon o il Rialto con più schermi e un’attività variata – risponde Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna e presidente del festival del Cinema di Roma –. Bologna è un caso unico a livello italiano per la scelta, per l’offerta, per la molteplicità e in generale in Emilia-Romagna ci sono moltissimi esercenti che fanno un’attività importante. Però la situazione del cinema in Italia è invece preoccupante e questo, naturalmente, si riflette sulle sale che dichiarano la mancanza del 50% degli spettatori, un dato estremamente drammatico".

Lei è reduce da Cannes. In Francia come va?

"Lì dichiarano un 20% che manca all’appello, quindi è chiaro che il rientro nella normalità dopo la pandemia non è così semplice. Ma il fatto che in Italia ci sia un 30% in meno di biglietti venduti rispetto alla Francia, dà l’idea dell’enormità del problema".

Come analizza la situazione?

"La analizzo attraverso vari punti, perché non c’è una sola ragione per questa crisi virulenta. La prima è che mancano i film. Da quando le sale hanno riaperto sono usciti pochissimi film con un impatto importane per il pubblico e addirittura ci sono società come la Disney che fa cinema per le famiglie, tassello fondamentale del mercato dei biglietti venduti perché quello delle famiglie è il pubblico più sicuro che c’è, non ha più avuto dei titoli da andare a vedere dopo la pandemia e quella cosa pesa con milioni di biglietti in meno rispetto al 2019. Il secondo tema è che la concorrenza delle piattaforme c’era prima della pandemia e c’è ora, perché durante la pandemia sono esplose, aumentando i loro abbonamenti. C’è quindi un’abitudine alla piattaforma che prima non c’era e andare al cinema è sempre più legato a un evento, a qualcosa di straordinario che si consuma molto rapidamente ma ha una capacità fortissima di marketing e d’impatto sul grande pubblico".

Questa abitudine andrà scemando?

"È difficile essere ottimisti, perché si tratta di una pratica che è entrata anche nella vita del pubblico più anziano, quello che magari faticava di più sulla tecnologia e che invece in questi due anni il passo l’ha fatto".

Com’è il mercato dei film?

"Ecco, arrivo al terzo punto, che è una trasformazione avvenuta da dieci anni a questa parte e che si è radicalizzata negli ultimi due anni, ovvero che i film che fanno incasso sono pochissimi nell’arco di un anno in Italia. Tendenzialmente il pubblico – e parlo dei macro numeri, non del Lumière – si è disabituato ad andare al cinema se non per cose straordinarie. Quindi esce il film di Zalone e lo andiamo a vedere tutti, esce l’ultimo Batman e succede la stessa cosa, con una durata dei titoli al cinema di massimo due settimane, rispetto a un tempo quando iniziavano a flettersi dopo almeno un mese o addirittura due e comunque, di film in circolazione che richiamavano pubblico ce n’erano di più, anche qualcuno d’essai che emergeva. Adesso si passa dai film che fanno 15 milioni a quelli che fanno al massimo 400.000 euro. Già il film di Moretti che è arrivato a un milione, è sembrato a tutti un risultato eccezionale. Un tempo valeva un principio di curiosità, di passa parola che sembra essere scomparso".

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