Giovedì 25 Aprile 2024

Caro benzina e pochi roadie I concerti ai tempi della crisi

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"A PARTIRE DAL 2012 il mercato della musica dal vivo in Italia ha registrato una crescita costante di circa l’8 per cento all’anno, con una lieve flessione del 3-4% nel 2019 dovuta non tanto a problemi specifici, quanto ad una minor offerta", spiega Vincenzo Spera, presidente di Assomusica, l’associazione che raggruppa i principali promoter del nostro Paese, parlando di un mercato pre-pandemia da 10 milioni di spettatori con un fatturato di 700 milioni di euro solo dalla vendita di biglietti. "Quest’anno, ovviamente, c’è stata una grossa crescita perché si sono recuperate gran parte delle tournée fermate dal Covid nelle ultime due estati con una massiccia risposta da parte del pubblico".

È stata dura tornare in carreggiata?

"Quest’estate ci siamo trovati davanti a diversi ordini di problemi. Innanzitutto, la mancanza di maestranze in numero adeguato a soddisfare la richiesta che ha fatto schizzare i costi anche del 30% per la difficoltà di reperirne di adeguate costringendoci ad attingerle da cooperative che operano in settori diversi dal nostro e pure dall’estero. E se prima un lavoratore costava 16 euro l’ora, quest’estate è arrivato a costarne anche 22. Un problema europeo che almeno qui da noi avremmo potuto cercare di prevenire muovendoci con largo anticipo sulla ripresa dell’attività".

Altre criticità?

"In alcune città ci siamo trovati davanti a spese impreviste da parte delle amministrazioni locali. A Roma, ad esempio, ci è arrivata la richiesta di un contributo di 50mila euro per il servizio dei vigili urbani. Vero, infatti, che la musica movimenta grossi capitali, ma ha pure dei costi enormi, basta pensare che una produzione da stadio costa 6-700mila euro solo di strutture. Con alcune realtà alla fine siamo riusciti ad aprire un dialogo e a trovare soluzioni, con altre no".

Poi è arrivata l’impennata dei costi indotta dalla guerra in Ucraina e dalla speculazione.

"Il caro benzina ha ovviamente impattato. Il trasporto di strutture ha sempre inciso circa per un 10 per cento, ma con l’aumento dei carburanti è salito al 12-13 per cento. E così l’energia, visto che nei concerti viene prodotta spesso da generatori alimentati a gasolio. Chiaro che, col prezzo dei biglietti fissato due o tre anni fa, tutto questo abbia prodotto delle difficoltà".

Situazione maestranze. Dopo l’esodo verso altri impieghi indotto dal Covid e dal conseguente stop dei concerti, s’è recuperato qualcosa?

"La normalizzazione è ancora lontana, perché nella situazione d’emergenza in cui ci siamo trovati, con un crollo del 35 per cento di addetti, si è utilizzato spesso personale generico, non formato per fare questo specifico tipo di lavoro, ma uno simile in altri settori. La sfida ora è programmare per tempo le cose, scongiurando così il rischio di veder collassare il sistema".

Cos’è mancato?

"Non c’è stata da parte del governo e degli organismi preposti una programmazione a medio e a lungo termine per accompagnare certe fasce di lavoratori intermittenti – quindi senza gli strumenti di tutela che hanno quelli fissi – verso la ripresa. Per esempio individuando strumenti di sostegno adeguati".